Schiaccianoci (inizio III sec. a.C.)
Schiaccianoci (inizio III sec. a.C.)
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Gli Ori di Taranto

MarTa, a passi lenti nella meraviglia della tradizione ellenica

(Taranto 16 ottobre 2023 - Corona Perer) - Ampolle, diademi, anelli, pendenti, manufatti di uso domestico: gli Ori di Taranto sono una straordinaria attrazione culturale offerta dal MarTa, Museo Arcgheologico. Entrarci chiede di avere passi lenti, si è al cospetto della meravigliosa tradizione ellenica.

Eccezionalmente moderno, tanto che lo diresti opera di un designer, lo schiaccianoci (foto in alto) risalente ad inizio III secolo avanti Cristo. Così moderno che ci pare di cogliere un'assonanza con l'ultima creazione di casa Bulgari. In comune non solo la posa delle mani ma i due bracciali a forma di serpente. Vi mostriamo i due gioielli, uno arrivato dalla classicità, l'altro assolutamente contemporaneo, in questa foto:

combo: www.giornalesentire

L'utensile rinvenuto a Taranto testimonia la bravura artigianale e l'inventiva dell'arte del periodo applicata ai manufatti di uso domestico: due avambracci femminili, impreziositi ai polsi da bracciali a spirale di serpente, con le mani accostate in una stretta, come se stessero comprimendo qualcosa. Una cerniera posta tra i palmi delle mani consentiva di muovere le due parti, facendo leva per poter schiacciare la noce!

Taranto fu abitata fin dal neolitico dal sesto millennio avanti Cristo, diventerà poi la Capitale della Magna Grecia accogliendo una immigrazione di massa di quei Greci che erano sfollati da Atene e da Santorini a seguito di  un furioso terremoto che distrusse gran parte di quella parte di Mediterraneo.

Ad accogliere il visitatore all'ingresso è la testa di Eracle, imponente, un primo fortissimo contatto con l'antichità classica. Risale al primo secolo avanti Cristo. L'imponenza contrasta la statua dello Zeus di Ugento  rinvenuta nel 1961 durante lavori di ampliamento di un’abitazione privata. La statua in bronzo raffigura il dio nell’atto di scagliare la folgore (andata perduta) con la mano destra, mentre sulla sinistra posava un’aquila di cui rimangono gli artigli. E' uno dei reperti più significativi della Puglia antica e risale al 530 avanti Cristo circa.

foto: giornalesentire
 

Tra i reperti più ammirati ci sono certamente i famosi Ori di Taranto. La creatività degli artigiani orafi tarantini produce tra il IV e il I secolo a.C. gioielli di grande raffinatezza. Tra gli orecchini della donna tarantina del tempo, trovati nei corredi funerari, c'era l'orecchino a navicella, attestato in diverse varianti.

L’eccezionale esemplare di grandi dimensioni esposto al MArTA mostra una complessa decorazione ottenuta con la tecnica della filigrana, della granulazione e con l’uso di fili godronati e lisci. La navicella è arricchita da pendenti ed elementi in lamina intagliata, come le figure femminili alate (Nikai) poste alle estremità.

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Attualmente è in corso presso il Museo Archeologico Nazionale di Taranto, in collaborazione con il Dipartimento di Matematica e Fisica dell’Università del Salento, un progetto di analisi chimiche e fisiche su alcuni dei reperti noti come Ori di Taranto, con l’obiettivo di studiarne la composizione chimica e verificare la presenza di eventuali decorazioni, nonché determinarne lo spessore, per meglio comprendere le tecniche utilizzate per la loro realizzazione.

La maggior parte dei campioni analizzati mostra una composizione simile della lega oro, argento e rame.

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La testa femminile in terracotta domina con fascino i gioielli insieme ai quali è esposta. Tra questi  un preziosissimo il diadema frontale in lamina d’oro piegata a semicilindro e incurvata, decorato con elementi vegetali, archi, palmette e fiori a campana. Fu rinvenuto a Crispiano (Taranto), in contrada Cacciavillani nel 1934 in una tomba.

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Risale al secondo quarto del IV sec. a.C. Il reperto costituisce un prodotto della più antica produzione orafa tarantina e dimostra come Taranto nel IV sec. a.C avesse elaborato uno stile proprio e autonomo, che si era differenziato dal repertorio attico di origine. Questo diadema documenta inoltre la prima comparsa di gioielli di prestigio nei corredi funerari aristocratici, dove le élites presentano buone possibilità economiche.

Straordinari alcuni piccoli reperti come lo stupefacente sileno in corsa che sembra immortalato in uno scatto fotografico ante-litteram. La sua forma esprime una dinamicità di grande efficacia. Piccole e preziosissime le veneri di Parabita datate 18.000 anni avanti Cristo!

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Il MarTa di Taranto grazie a reperti unici testimonia la storia della città. Il gruppo scultoreo in terracotta, a grandezza quasi naturaledi “Orfeo e le Sirene” consiste in tre statue in terracotta a grandezza quasi naturale che rappresenta l'episodio mitico tratto dalla saga degli Argonauti.

Apollonio Rodio scrive nelle Argonautiche, che, di ritorno dalla missione del Vello d’Oro, gli Argonauti giungono presso l’isola delle Sirene, che incantano e uccidono chiunque approdi. Qui gli eroi sono tratti in salvo grazie all’intervento del cantore tracio Orfeo, che intona un canto vivace con la cetra per riempire le orecchie dei marinai e salvarli dalla voce delle fanciulle. Le Sirene, attonite per la sconfitta, si gettano dagli scogli.

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Le due Sirene, sono raffigurate come uccelli rapaci con corpo di donna secondo l’iconografia più antica. Sono ritte sulle lunghe zampe con gli artigli ancorati allo scoglio, indossano una corta veste stretta che sembra mossa dal vento. Una canta, alzando le braccia, l’altra, con i riccioli quasi completamente conservati, si tocca il mento. La grandezza dell’opera, realizzata a Taranto alla fine del IV secolo a.C., suggerisce che fosse l'importante arredo di un sepolcro della città.

Ogni teca richiederebbe tempo e approfondimento. Ogni reperto è un racconto come lo skyphos attico a figure nere databile al 500 a.C.  attribuito al Pittore di Teseo, ritrovato in contrada Cortivecchie, in una tomba, nel 1914.

E' raffigurato l’eroe greco Eracle in dialogo con il dio Helios, nell’atto di compiere la sua decima fatica che lo portò verso l’estremo Occidente, ai limiti del mondo conosciuto. Ed Eracle attraversò la Libia, l’isola di Tartesso fino alle pendici dei monti Calpe e Abila, fino a Erizia e poi verso l’Oceano...

Straordinaria la collezione delle meduse che trasmettono il mito della Gorgone.  Ricchissima la raccolta di monete antiche. Grazie ad un allestimento di grande qualità è possibile entrare metaforicamente nei reperti come nel caso della tomba dell'atleta, un imponente sepolcro in pietra che grazie ad uno specchio consente di vedere lo scheletro del ginnasta che ancora custodisce.

Ma sono i mosaici e i crateri, alcuni dei quali di grandissime dimensioni, a lasciare senza parole. La ceramica tarantina si distingue per le figure rosse. Di particolare interesse la produzione della Taranto greco-romana: ci sono i crateri più grandi della Grecia antica, provenienti da Ceglie che era il primo nucleo storico di Bari.

La produzione Messapica è di grande qualità e dimensioni e il MarTa annovera pezzi di grandissimo fascino e importanza storica.

Da vedere!

(C.Perer, ottobre 2023)

Questo reportage è stato realizzato visitando i luoghi citati grazie al Programma operativo Regionale FESR-FSE Puglia 2014 – 2020 “Attrattori culturali, naturali e turismo” Asse VI – Tutela dell’ambiente e promozione delle risorse naturali e culturali – Azione 6.8

foto: giornalesentire

 

 


Autore: Corona Perer

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