
Territori da scoprire: la Valle d'Itria
Puglia, sei paesi e un unico colore: il bianco
(Testo e foto: Corona Perer) - In Valle d'Itria 6 comuni hanno deciso di mettersi insieme e con un protocollo d'intesa hanno varato una collaborazione che porta alla promozione territoriale unitaria. Nella consapevolezza che è solo l'unità a fare la forza, Alberobello, Locorotondo, Ceglie, Martina Franca, Cisternino e Ostuni sono impegnati a fare della Val d'Itria quel prodotto che ha nelle eccellenze enogastronomiche del territorio e nella bellezza dei borghi candidi e bianchi - disseminati di trulli - un prodotto di sicuro appeal per destagionalizzare il turismo in Puglia. Il logo che hanno scelto è proprio un cono di Trullo, tipico elemento architettonico della Val d'Itria, il cui toponimo deriva dalla Madonna Odegitria, protettrice dei viandanti culto introdotto nella piana pugliese dai monaci basiliani. Siamo nella Murgia Sud orientale e questi paesi si osservano dall'alto dei loro colli.
La città dei trulli ha un nome ameno, in realtà Alberobello deriva da Arboris Bellis, Albero della Guerra. Dovette penare non poco per conquistare la propria autonomia. E' solo nel 1797 e quindi a due passi dall'800 che riesce a liberarsi dal feudalesimo, grazie a sette uomini valorosi che insorgono contro la famiglia Acquaviva e riescono a far si che da villaggio rurale diventi autonomo, libero e indipendente. Oggi è Patrimonio Unesco e i suoi trulli costruiti in pietra calcare carsica a cerchi concentrici, sono visitati da milioni di turisti tutto l'anno. Due i rioni: quello più antico, riservato e autentico di Aia Piccola, e quello più commerciale e turistico del Rione Monti dove molti trulli sono oggi adibiti a negozio o a ristorante.
I trulli dal Rione Monti (foto corona perer)
Il trullo risponde a quei dettami che oggi chiameremmo bio-edilizia: il mastrotrullaro lavorava pensando all'elemento più prezioso - l'acqua - che veniva recuperata dal tetto e convogliata nella cisterne del sottosuolo. Il trullo era essenzialmente un monolocale per uso agricolo, ricovero per gli attrezzi o magazzino di derrate. Tra le molte botteghe di souvenir, tante ottime cantine e rivendite di prodotti tipici. Da non lasciarsi scappare una tappa al Ristorante ipogeo Casa Nova, ricavato da un antico seminterrato adibito a stoccaggio di olio e vino. Qui si può degustare un menù tipico di altissima qualità.
A Ceglie Messapica è l'enogastronomia il must territoriale. Qui ha sede la Med Cooking School una scuola di alta formazione creata in partnership con Gualtiero Marchesi e Alma la scuola di alimentazione da lui creata. Ha sede nell'ex convento dei domenicani un complesso risalente al '600, ex sede del Comune e da qui escono gli chef del futuro. La località, con le sue viuzze e la case “allattate” dalla calce bianca, è piccola ma piena di ristoranti. Da assaggiare il biscotto cegliese, che profuma di limone ed è a base di mandorle e miele con un cuore di marmellata. E' una tipicità vanto e orgoglio dei cegliesi che si tramandano gelosamente la ricetta da almeno 300 anni.
Da vedere il centro storico con Largo Ognissanti e l'antica Agorà sulla quale si affaccia Palazzo Vitale addossato alle mura del borgo. In Piazza Castello si erge il castello Ducale con la torre quadrata sorta su una preesistente Torre Normanna. Al suo interno la pinacoteca comunale.
Ceglie Messapica dice le sue origine antichissime nel suo stesso nome: fu abitata dall'antica popolazione dei Messapi che vennero dall'Illiria e si stabilirono tra ottavo e terzo secolo avanti Cristo. E' però solo intorno al 1100 che viene citata in un documento che narra le contese per i pascoli con la vicina Ostuni. Oggi i due comuni vanno d'amore e d'accordo perchè sono parte di questo patto territoriale. Il Maac, Museo di archeologia e di arte contemporanea, espone una straordinaria collezione di selci, asce levigate, crateri e trozzelle di ceramiche indigene, insieme a reperti molto antichi tra i quali i resti della iena che viveva nella Murgia.
Anche Locorotondo condivide con le vicine Ceglie e Alberobello la verticalità e il biancore delle case. Le sue stradine lastricate in pietra dicono di un borgo lindo e curato, dove la pubblica amministrazione ha anzitutto lavorato sul senso civico di residenti.
Locorotondo (foto corona perer)
In questo meraviglioso balcone sulla Val d'Itria, che sembra avere ai suoi piedi un mare, e in realtà è la fertile campagna disseminata di trulli, vigneti e oliveti, c'è - non a caso - una passeggiata che chiamano il “lungomare”.
Nelle giornate più limpide si può effettivamente vedere anche la costa Adriatica. Proprio in questo punto ha trovato sede una esperienza pilota di grande interesse. Il vigneto Sìrose dell'Azienda Agricola Bufano, sorta su 1 ettaro di terreno marginale e scosceso di proprietà comunale che il proprietario Domenico Bufano ha ricevuto in affitto per 20 anni.
Il vigneto Bufano (foto corona perer)
Agronomo presso le migliori cantine italiane, dal Chianti a Novacella in Alto Adige, ha dissodato il terreno, consolidato i terrazzamenti e impiantato vitigni autoctoni: il Primitivo Minutolo, la Verdeca, il Bianco di Alessano. La sua vigna è un giardino con piante di rose che fanno da sentinella per gli acari, e consentono al vignaiolo di premunirsi per tempo. Le tecniche di coltivazione sono di antiche e di ultima generazione: per allontanare gli insetti nocivi si lavora sulla confusione sessuale, le potature sono a rotazione e l'irrigazione si avvale ancora delle antiche cisterne. I risultati non sono mancati: il vigneto preparato nel 2012, ha cominciato la produzione nel 2014 e ora produce 10.000 bottiglie. Bufano è quindi pronto per far sì che Locorotondo costruisca attorno a questa eccellenza anche un efficace marketing di territorio (www.bufanowine.it).
Anche a Cisternino che con Locorotondo e Martina Franca è il triangolo elettivo della Valle d'Itria, il territorio è disseminato di trulli. La campagna di questo angolo di Val d'Itria è piena di ulivi secolari, alberi di mandorla, ciliegi, piante di fichi, fichi d’india. La gran parte del territorio è dedicata ad attività agricola e pastorizia. Questa è la famosa patria delle macellerie-bracerie dove assaggiare le “bombette”, uno spiedino tipico di carne che viene cotta al forno direttamente in macelleria e si può degustare all'esterno del locale, che non è né un pub né una rivendita di carne in senso stretto: è l'uno e l'altro. Nella bella Piazza intitolata a Vittorio Emanuele, dominata da una torre neoclassica, la bombetta è una degustazione obbligata, cibo di strada di alto rango e molto economico: con 10-15 euro si mangia.
Costernino (foto corona perer)
Alla taverna Le Chicche di Zia Rosa si degusta ottima gastronomia pugliese. Ed è l'olio il dettaglio che fa la differenza. Ottimo quello dell'azienda Agricola biologica il Frantolio di Pietro d'Amico che produce una vasta gamma di spremiture che dipendono anche dal tipo di raccolta. Il Nettare d'oliva ad esempio è indicato per chi ha problemi di colesterolo e prodotto da olive brucate a mano, cioè raccolte solo dalle cime più alte degli alberi e quindi più esposte al sole. L'olio è estratto con un sistema manuale per “affioramento”. Eccellente anche l'olio “lacrima di trisole”, una produzione in quantità limitate ideale per lo svezzamento dei lattanti perchè ottenuto da olive spremute con macine di pietra per lasciare intatte le qualità organolettiche e nutrizionali dell'olio. (www.ilfrantolio.it).
Martina Franca è la più nobile tra le località della Val d'Itria ed è una vera città. Lo si percepisce immediatamente dal suo impianto urbanistico e dalle tracce angioine. Sotto l'arco di ingresso, intitolato a Santo Stefano, eretto nel 1764 in luogo del Ponte levatoio sul fossato che proteggeva la città murata (difesa da 12 torri di avvistamento), si ricorda il compleanno della città: nacque il 12 agosto 1310 come porto franco per decisione di Filippo d'Angiò. Devota a Martino di Tours, era Ducato dei Caracciolo, e ancora oggi conserva il suo appeal di città nobile ed elegante, la cui ricchezza emerge nell'architettura dei palazzi, dove il rococò dà la mano al barocco leccese.
Martina Franca (foto corona perer)
Nell'ampio cortile di Palazzo Ducale, concepito come una reggia e costruito nel 1668 su progetto approvato da Gianlorenzo Bernini, si tiene ogni anno il Festival Valle d'Itria, con prestigiosi concerti di musica classica (nel 2019 sarà la 45^ edizione). Il Palazzo che è anche sede del Comune ha splendide stanze affrescate con una successione di stanza in stanza che ricorda la reggia di Versailles. La mano che le ha adornate con dipinti di ispirazione arcadica e temi tratti dalla mitologia (le fatiche di Ercole, le metamorfosi di Ovidio) è quella di Domenico Carella. Magnifica la Piazza con la loggia circolare a cui si accede dal Ringo, il corso elegante dello struscio che sfocia di fianco alla Basilica di San Martino, dove sono conservate statue marmoree di grande bellezza scolpite da Giuseppe Sanmartino, celebre autore del Cristo Velato conservato nella cappella Sansevero di Napoli, e una rara scultura lignea della Madonna Pastorella del XVIII secolo. Quanto ai rodotti tipici anche Martina Franca ha scritto un suo proprio capitolo nelle tipicità pugliesi con il pregiato capocollo.
Ostuni è certamente perla tra le perle. La sua verticalità e i biancore delle sue case ammaglia e per certi versi acceca. Niente di quel che si è visto prima è pari ad Ostuni, ma Ostuni sembra essere la sintesi perfetta di quanto si vede in Val d'Itria. Terra dei Messapi (come Ceglie con la quale come detto si conteneva i pascoli), è protetta da una cinta muraria di origine angioina con 8 torrioni e 2 porte di accesso. Nella piazza principale (Piazza Libertà) svetta la guglia settecentesca con al suo apice un Sant'Oronzo benedicente. E' il patrono di Ostuni e se vogliamo il Santo della Puglia. Da secoli protegge la città bianca che con i suoi vicoli, le case bianche, i tesori archeologici e di arte sacra, le sue chiese ammalia.
Nel punto più alto c'è la concattedrale dedicata a Santa Maria Assunta. Una curiosità: il suo rosone romanico a 24 raggi è il più grande d'Italia. Eretta intorno al 1450 da un punto di vista stilistico è già proiettata sul gotico e sul suo sagrato si apre una piazzetta, deliziosa a tutto tondo.
Ostuni (foto corona perer)
Poco più sotto della Cattedrale c'è la Chiesa del convento delle Monacelle che racchiude al suo interno il Museo delle Civiltà preclassiche della Murgia meridionale: qui è conservata la donna di Ostuni, un'antica gestante di 28.000 anni fa sepolta con il bimbo che portava in grembo (> clicca qui)
Il territorio offre infinite possibilità per assaporare l'anima di Puglia nelle masserie. La Murgia è la terra dei trulli e tutto il territorio ne è disseminato, non solo Alberobello che ne è icona universale. Li vedi a Cisternino, come a Locorotondo; a Ceglie come a Ostuni. Autentici angoli di Paradiso dove assaporare un turismo di alta gamma, tra masserie immerse tra gli ulivi secolari dove si produce olio di qualità superiore. Ci si sente proiettati in un altro mondo e in un altro tempo. Esattamente ciò che è la Val d'Itria: un territorio da scoprire e da amare a prima vista.
> www.valleditria.it
> Festival della Valle d'Itria
> www.masseria.ilfrantoio.it
GALLERY : fotoservizio Corona Perer
(riproduzione vietata)
Autore: Corona Perer
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