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L'Affaire Moro svelato da Leonardo Sciascia

L'autore del ''Giorno della Civetta'' gettò nuova luce sul rapimento dello statista

''Il giorno della civetta'' è il libro più famoso di Leonardo Sciascia, nato  a Racalmuto, in provincia di Agrigento, nel 1921.

Ma non meno importante fu ''L'affaire Moro'' che uscì nel 1978 a pochi mesi dalla morte dell'eponente democristiano dopo un sequestro, un processo del popolo al chiuso di una cella metropolitana, e l'omicidio. Del rapimento e dell'uccisione di Aldo Moro, organizzata dalle Brigate Rosse, fornisce però una lettura "altra".

Nell’epistolario del prigioniero Sciascia rinvenne un paradossale stato di libertà espressiva e la statura intellettuale di Moro. Ai sequestratori di Moro accreditò anche una forma di etica carceraria, rinvenibile nello zelo postale per recapitare le lettere del prigioniero (i brigatisti si disse avrebbero recapitato tra 50 e 70 lettere).

In sostanza i brigatisti in qualche modo ''rischiarono'' e cercarono di rendere diversa la prigione del detenuto senza operare pressioni o censure verso Moro, il quale peraltro - non fidandosi - si autocensurava.

Un mistero anche per Sciascia che lo descrive nel suo pamphlet, con grande maestria e rispetto. C'è lo stupore di chi guarda alla dimensione esistenziale di un uomo che trova nella letteratura una dimensione di vita e persino una libertà rispetto a quel sistema che rappresentava e che "fuori" si domandava se cedere o meno al ricatto terrorista.


Sciascia era un maestro elementare con passione per la scrittura.

Esordisce con “le Favole della dittatura” (è il 1950), poi esce una raccolta di poesie dedicata alla sua terra, la Sicilia. Arriva a Roma per lavorare al Ministero della Pubblica Istruzione e intanto scrive racconti. ''Il giorno  della civetta'' esce nel 1961quando è tornato in Sicilia.

Parte dal fatto di cronaca, e delle indagini del protagonista Bellodi il quale si scontra subito con omertà e reticenza, persino con l’indifferenza e il disinteresse della politica nel trovare i colpevoli, interessata semmai che il caso venisse insabbiato. Il romanzo è un meraviglioso intreccio di indagini, mandanti, rivelazioni, misteri.

L’autore materiale dei delitti verrà  scagionato, così pure cadono le accuse verso i supposti mandanti, i mafiosi, viene infatti negato il carattere mafioso degli omicidi, e il tutto annega nel fango, inquadrandosi in un omicidio passionale a dispetto di tutte le evidenze: si trattava di mafia. Bellodi, scoraggiato, scoprirà che il suo lavoro è stato distrutto da un alibi, sicuramente falso. E’ dunque la storia di una sconfitta ma anche della sete di verità che pulsa negli uomini giusti. Nel 1968 il regista Damiano Damiani ha tratto un film da questo romanzo.

Sciascia è in fondo come Bellodi. Il suo romanzo apparentemente un giallo, è in realtà  un romanzo di denuncia, opera di impegno politico. Sciascia svela il clima di violenza e intimidazione, il potere della mafia  siciliana e l’omertà che genera, le connivenze con la politica.

Bellodi è il simbolo di tutti quegli uomini (magistrati, forze dell’ordine, giornalisti) che nel corso degli anni combatteranno la mafia, mettendo in gioco e perdendo le loro stesse vite, in un’epoca i ncui il fenomento mafia non è noto come lo può essere oggi dopo l’avvento di Buscetta e dei collaboratori di giustizia. E’ dunque una pietra miliare sulla narrazione dello strapotere della mafia in Sicilia.

Sciascia si impegnerà sempre di più nella lotta contro la mafia in Sicilia e nel 1975 si candiderà e sarà eletto consigliere comunale a Palermo, mentre nel 1979 verrà eletto deputato nelle file del PCI.

 

I suoi rapporti con il partito manifestano però la libertà di pensiero dello Sciascia intellettuale (che poi militerà anche nelle file dei radicali). Secondo Emmanuele Macaluso era in realtà "un intellettuale disorganico rispetto al Pci". Un uomo libero insomma. E con questa stessa libertà interiore si dedicò ai misteri del rapimento Moro, soprattutto delle lettere dattiloscritte rinvenute in un covo delle Br e scritte dallo statista.

Lo scrittore è morto 31 anni fa a Palermo, nel 1989. Sono gli anni che precedono di poco le stragi di Capaci e via d’Amelio, e l’assassinio di Falcone, di sua moglie e di Borsellino nonché delle reciproche scorte.
Una mattanza che continua a interrogare il paese. Sciascia ne avrebbe scritto con coraggio
(cperer)

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IL GIORNO DELLA CIVETTA

10/09/2021 - ''Il giorno della civetta'' ha compiuto 60 anni nel 2020 e il suo autore - Leonardo Sciascia - oggi ne avrebbe 100, essendo nato  a Racalmuto, in provincia di Agrigento, nel 1921.
E’ il romanzo più famoso dello scrittore siciliano ed il titolo trae origine dall’Enrico VI di Shakespeare, laddove si legge della civetta «...quando di giorno compare». Questo perché la mafia agiva in segreto,  da animale notturno. Oggi invece sappiamo che giorno o notte non fa differenza.

Al centro del romanzo la lotta del comandante dei Carabinieri Bellodi per scoprire la verità ed arrestare i colpevoli di alcuni omicidi di mafia. Lo spunto venne allo scrittore da un episodio di cronaca: l’omicidio a Sciacca del sindacalista Accursio Miraglia. Era il 1947.

Il giorno della civetta esce per la prima volta nel 1960 sulla rivista «Mondo Nuovo» e l’anno successivo viene pubblicato in volume dalla casa editrice Einaudi.

Una pietra miliare della letteratura sulla mafia siciliana.


Autore: Corona Perer

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