
L'eredità dei ghiacciai è preziosa
MUSE: Artide e Antartide estremi di ghiaccio nella crisi planetaria
L'eredità dei ghiacciai è preziosa. Lo scioglimento dei ghiacciai ci riguarda. I ghiacciai - infatti - non sono solo masse d'acqua ghiacciata, ma crocevia di storia, scienza, cultura e urgenza ambientale, una lente attraverso cui leggere l'epoca attuale. Oggi i ghiacciai coprono circa il 10% della superficie terrestre e rappresentano riserve d’acqua cruciali, archivi naturali del passato climatico e habitat di forme di vita uniche, ora minacciate dalla crisi climatica.
La loro rapida fusione incide su biodiversità, disponibilità idrica, equilibri montani, agricoltura, produzione idroelettrica e turismo, rendendo urgente una nuova attenzione scientifica, sociale e politica.
Il 2025 Anno Internazionale della Conservazione dei Ghiacciai, ha offerto al MUSE l’occasione per intensificare attività, ricerche e divulgazione dedicate ai ghiacciai, ecosistemi fondamentali per il clima e per la vita sul pianeta.
Il ciclo ''Dialoghi sul ghiaccio'' si è inserito all’interno di questo impegno, contribuendo alla costruzione di una nuova consapevolezza collettiva sul ruolo dei ghiacciai e sulle loro trasformazioni.
Il programma ha visto 9 appuntamenti (compreso ultimo): 8 dialoghi scientifici e 1 evento speciale di proiezione e incontro, distribuiti da aprile a dicembre 2025, con oltre 300 partecipanti. L’evento finale dedicato alle regioni polari vuole ampliare lo sguardo e rimarcare come i ghiacciai siano osservatori della crisi planetaria e vuole portare a riflettere sulla giustizia ambientale e le responsabilità globali.
Il MUSE chiude il ciclo “Dialoghi sul ghiaccio” martedì 16 dicembre 2025, ore 18 con un incontro dedicato agli estremi del pianeta. Giulia Foscari, autrice del progetto Antarctic Resolution e fondatrice di UNLESS, dialogherà con Matilde Peterlini, ricercatrice MUSE impegnata nello studio dell’Artico e nei progetti di valorizzazione culturale e ambientale della Groenlandia orientale. L’incontro, realizzato in collaborazione con Gruppo Lavazza, Sustainability Partner del MUSE, esplorerà le trasformazioni dell’Antropocene osservate da Artide e Antartide: regioni solo in apparenza remote, ma che riflettono in modo diretto e spesso drammatico l’impronta dell’umanità sui sistemi naturali. L’appuntamento sarà moderato da Valeria Lencioni, coordinatrice dell’ambito Ricerca Clima ed Ecologia del MUSE.

La spedizione MUSE in Groenlandia (settembre 2025)
Nel settembre 2025 un team di ricerca del MUSE ha svolto una missione nella Groenlandia orientale, tra Tasiilaq e i fiordi circostanti, per gettare le basi di un progetto bio-culturale che unisce archeologia, storia ambientale e scienze naturali.
L’obiettivo è sviluppare un nuovo approccio partecipativo alla conoscenza del paesaggio artico, fondato sul dialogo con la comunità locale e sulle interazioni con istituzioni culturali del territorio. Durante la missione, documentata nel Diario Artico sul blog del MUSE, il team ha potuto osservare le dinamiche ambientali e sociali di un territorio in rapida trasformazione. Questa esperienza costituisce una tappa importante per costruire un ponte tra ricerca scientifica, storia culturale e vissuti quotidiani delle comunità artiche.

Matilde Peterlini, Archeologa con focus sulla storia ambientale, coordinatrice dei progetti territoriali del MUSE che coinvolgono le comunità locali nello sviluppo di percorsi culturali, è impegnata nello studio dell’Artico in particolare in Groenlandia orientale.
“Si dice che “ciò che succede nell’Artico non resta nell’Artico - spiega Matilde Peterlini ricercatrice del MUSE -. Il museo ha all’attivo numerosi progetti relativi alle “Terre Alte”, con una particolare attenzione ai cambiamenti innescati dall’Antropocene in questi ambienti estremi. In questo ambito, il MUSE, si impegna a sviluppare progetti che mettano in correlazione le Terre Alte secondo un approccio multi-scala, che a partire dalla realtà locale assume uno sguardo sul mondo. Per questo abbiamo colto la richiesta di The Red House Greenland Foundation e visitato Tasiilaq in Groenlandia orientale lo scorso settembre. L’incontro con la comunità indigena locale, dotata di una spiccata conoscenza ambientale, ci ha portato a riflettere sulle dinamiche legate agli impatti che il riscaldamento globale determina sulla biodiversità e le popolazioni umane e sul ruolo che la ricerca può avere in questo delicato contesto”.
L’eredità dei ghiacciai è preziosa. I ghiacciai sono testimoni della nostra storia. Il Muse ha allestito in questo 2025 anche la mostra “Dal ghiaccio a noi. Le ricerche MUSE sui ghiacciai nell'Antropocene” per ricordare che i ghiacciai ritirandosi, rilasciano nelle acque di fusione sostanze in passato intrappolate nel ghiaccio e ci restituiscono reperti, incisioni, materiale organico.
Riflettere sulle conseguenze più profonde della riduzione e della scomparsa dei ghiacciai, avere consapevolezza della fragilità di questi ecosistemi e l’urgenza di un cambiamento dei nostri stili di vita è oggi più che mai urgente.

(Archivio MUSE, fotografo Michele Purin)
I modelli climatici ci dicono che, a meno di una decisa inversione di tendenza, il riscaldamento globale lascerà entro la fine del secolo pochissimi ghiacciai sulle Alpi. In Trentino, dal 1888 il ghiacciaio della Marmolada si è ridotto in volume del 94%, e arriva a perdere fino a 7 centimetri di spessore al giorno, mentre le ultime rilevazioni condotte sul ghiacciaio Adamello-Mandrone segnano una perdita complessiva di 3 metri alle quote più basse. Una tendenza veloce, che sembra inarrestabile.
Ma non sono solo i ghiacciai delle Alpi a ridursi per effetto del cambiamento climatico, è un processo che avviene a scala globale e le conseguenze della loro riduzione e scomparsa, non è solo perdita fisica, ma uno shock per gli ecosistemi coinvolti.

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Scioglimento ghiacciai e reperti bellici: la storia ''tossica''.
I ghiacciai sono come libri aperti: da loro emergono storie di esplorazioni, di ricerca della bellezza fisiografica, di uso industriale associato all’idroelettrico, di sport alpini, di guerre combattute, di aree di passaggio tra imperi o nazioni, di fragili ecosistemi con biodiversità esclusiva. Storie emerse grazie al ritiro dei ghiacci, raccolte e studiate da esperti.
Il ritiro dei ghiacciai ha portato alla luce numerosi residuati della grande guerra. Matasse di filo spinato, proiettili, bombe, fucili: i reperti della Prima Guerra Mondiale, rimasti sepolti nei ghiacciai alpini più di cent’anni fa, oggi stanno emergendo a causa del diffuso ritiro dei ghiacciai, entrando a diretto contatto con i torrenti alimentati dalle acque di fusione glaciale.
E' partito quindi uno studio scientifico per capire che cosa il ghiaccio circostante dicesse di quegli eventi dell'Uomo e si scoperto che nelle acque di fusione e nell’intestino degli insetti si trovano ancora tracce di metalli pesanti. Il che vuol dire affrontare anche il problema di una possibile contaminazione emergente da metalli pesanti nelle acque dei torrenti.
Ebbene si è capito che i metalli "bellici" sono stati bioaccumulati maggiormente nelle larve provenienti da siti più vicini al fronte di guerra, con effetti ancora sconosciuti sul loro metabolismo e sulle possibili ricadute sulla catena trofica nei tratti più a valle. ''Questi risultati forniscono prove preliminari della contaminazione delle acque e del bioaccumulo di metalli e metalloidi da parte della fauna glaciale come possibile eredità della Prima Guerra Mondiale nelle Alpi'' si legge nello studio.
I metalli “bellici” utilizzati per la costruzione di cannoni e artiglieria militare (arsenico, antimonio, rame, ferro, piombo, nichel, stagno, zinco), “liberati” dal ritiro dei ghiacciai, lasciano tracce nelle acque di fusione e vengono assorbiti da parte dei chironomidi, gli unici moscerini acquatici a popolare i gelidi torrenti glaciali.
Uno studio condotto su tre ghiacciai alpini (Lares, Presena e Amola) da MUSE - Museo delle Scienze di Trento in collaborazione con l’Università dell’Ohio e con il sostegno della Fondazione Cogeme ETS di Rovato in Provincia di Brescia, apre nuovi scenari sull’eredità della Prima Guerra Mondiale nelle Alpi italiane e sul suo impatto sulla fauna glaciale.
La ricerca è stata pubblicatasulla rivista scientifica internazionale Chemosphere: link (Metal enrichment in ice-melt water and uptake by chironomids as possible legacy of World War One in the Italian Alps).
Le ricercatrici e i ricercatori del MUSE – Museo delle Scienze e dell’Università di Ohio hanno condotto l’analisi chimica delle acque di fusione di tre ghiacciai trentini (Lares, Presena e Amola – gruppo Adamello-Presanella) e la ricerca di contaminanti (metalli pesanti) nelle larve di insetti che le popolano (tutte appartenenti al genere Diamesa). Sono quei ghiacciai che furono teatro del primo conflitto mondiale tra Italia e Impero austro-ungarico.
Lo studio ha indagato gli inquinanti lasciati in eredità sulle Alpi dal più alto fronte della Prima Guerra Mondiale e il loro potenziale impatto sugli ecosistemi glaciali. Per farlo, il team di ricerca ha quantificato 31 elementi mediante spettrometria di massa nell'acqua e nelle larve del moscerino Diamesa zernyi provenienti dai tre torrenti glaciali analizzati. Gli elementi rinvenuti nelle acque dei torrenti sono stati interpretati utilizzando il fattore di arricchimento crostale che determina quali siano gli elementi maggiormente concentrati rispetto al valore di fondo dato dalla composizione della crosta terrestre), mentre l'assorbimento larvale è stato quantificato adottando il fattore di bioaccumulo (che è il rapporto tra la concentrazione nell'animale e la concentrazione nell’acqua).
Dati alla mano, nell’acqua sono stati osservati arricchimenti, da bassi a moderati, per antimonio e uranio nel torrente Presena e per argento, arsenico, bismuto, cadmio, litio, molibdeno, piombo, antimonio e uranio nel torrente Lares. Le larve hanno accumulato i diversi elementi in concentrazioni fino a novantamila volte superiori rispetto a quelle dell'acqua. In particolare, le larve raccolte nel torrente Lares hanno accumulato la maggior quantità di metalli e metalloidi, compresi quelli maggiormente utilizzati nella fabbricazione dell’artiglieria (arsenico, rame, nichel, piombo e antimonio).Tra questi, rame, nichel e zinco rientrano tra gli elementi essenziali per la vita, ma le concentrazioni osservate nelle larve dei siti più contaminati superano quelle attese per il loro fabbisogno (se così non fosse la loro concentrazione sarebbe identica o confrontabile nelle tre popolazioni studiate).
“I moscerini che abbiamo studiato – spiega Valeria Lencioni, coordinatrice dell’Ambito Clima ed Ecologia del MUSE – sono gli unici insetti che riescono a colonizzare le gelide acque dei torrenti glaciali, dove le condizioni ambientali sono considerate estreme per la vita. Il cibo è scarso e le larve hanno l’intestino pieno di limo glaciale che fissa sulla propria superficie i metalli e li può veicolare nel corpo dell’animale. Si nutrono probabilmente dei batteri che crescono sulla roccia, essendo scarsi o assenti alghe e il detrito organico. Le specie del genere Diamesa sono considerate indicatrici di glacialità e sono minacciate di estinzione dai cambiamenti climatici che alterano l’unico ambiente in cui sono adattate a vivere”.

Larve del moscerino Diamesa zernyi
“I dati raccolti – conclude Lencioni - destano preoccupazione per il nichel, accumulato in una concentrazione vicina a quella considerata critica per la sopravvivenza di altri insetti testati in laboratorio (es. il moscerino del genere Chironomus)”. E quindi lo scioglimento dei ghiacciai, nella sua drammatica accelerazione, sta portando alla luce nuove storie e ambiti di ricerca.
Un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Nature and Culture dai ricercatori Mauro Gobbi (MUSE di Trento) e Daniel Gaudio (Università di Durham, UK) spiegano come, paradossalmente, il ritiro dei ghiacciai possa fornire la possibilità di svolgere ricerche inedite e ricostruire storie uniche e, talvolta, personali. Ma anche che dobbiamo essere consapevoli che “saremo l’ultima generazione che avrà ancora la possibilità di ascoltare le storie che i ghiacciai e l’ambiente circostante hanno da raccontarci”.
Quello che preoccupa gli scienziati è che senza un monitoraggio nel tempo, non potremo capire gli effetti negativi che avrà la scomparsa dei ghiacciai sul funzionamento degli ecosistemi e quindi anche sul nostro stile di vita. Serve anche una accurata conoscenza della biodiversità glaciale.
Purtroppo ci sono ghiacciai che non rientrano in aree protette quindi non sono soggetti a forme di tutela.
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