Scienza, Ambiente & Salute

Il Sentiero degli Abeti Giganti

Val Noana (Primiero): le leggi del bosco

(foto e testo Corona Perer) - Il custode forestale che ci accompagna in Primiero lungo il "Sentiero degli Abeti Giganti" ci spiega passato e futuro di questo meraviglioso habitat. Ci sono abeti che hanno 50 anni e un tasso che ne ha 800. Questo patrimonio straordinario viene gestito da secoli con autentica scenza dell'ambiente.

Al Col della Parrocchia gli abeti sfiorano i 50 metri e sono talmente dritti da sembrare colonne che sostengono il cielo. Una pianta di queste dimensioni può dare anche 16 metri cubi di legna e il suo valore è dovuto dalla fertilità, dai lotti, dalle aste che si riescono ad indire. 

 

Gli abeti della Val Noana sono non solo giganti, ma particolarmente pregiati: sono abeti da seme. A Peri al confine tra Trentino e Veneto c'è il più importante essicatore e gli abeti da seme del Primiero non hanno eguali fra gli esperti di botanica. Le loro pigne custodiscono quella voglia di futuro che ogni bosco esprime nel suo ecosistema.

E' emozionante, persino commovente entrare nella filosofia del bosco e scoprirne tutti i segreti con una guida d'eccezione come il  custode forestale. Silvano Doff Soffa, ci ha condotti quassù dalla stretta gola della Val Noana, con i "Serai" che servivano a far fluitare i rami verso valle. Tutto il legame passava di qui grazie ad un sistema di dighe dalla cui apertura e chiusura dipendeva la piena necessaria alla fluitazione dei tronchi.

Un mestiere complesso  quello del "Custode", dentro un habitat delicatissimo. Ma lui nel nome aveva scritto già da bambino il destino: "silvano" significa  uomo del bosco. E lui non ha questa passione per caso: suo nonno era custode della Forestale ai tempi di Checco Beppe quando a governare da queste parti erano gli austriaci.

''Il Bosco? Una gara a chi sale più in alto per prendere la luce" afferma Silvano Doff Soffa. La lotta che avviene nella foresta è per quel raggio di luce che ai primordi facilitò la vita sul nostro pianeta assicurando condizioni uniche perchè l'evoluzione della specie potesse rendere la terra felice e prospera. Qui la lotta fu dura e gli abeti divennero giganti grazie a un terreno potente e al lavoro del faggio che assicura un compost di grande pregio di cui tutte le altre piante possono beneficiare.

Da queste parti c'è talmente tanta legna che ogni abitante ha almeno 2 ettari e mezzo di bosco a testa. Forse non tutti sanno che questo patrimonio è davvero collettivo. Il rispetto di questo patrimonio è nelle mani dei custodi  che, di nome e di fatto, sono i fedeli esecutori e garanti degli usi civici di antichissima origine. Decidono dove si taglia, prima  "segnano" l'albero, poi lo "assegnano" e seguono il taglio. Doff Soffa ha giurisdizione su 581 alberi. Ci guida ad ammirare l'abete da risonanza e il larice da cui si ricavan le “scàndole” con le quali sono stati fatti molti dei tetti dell'arco alpino.

In Primiero se una persona deve rifare il tetto della propria casa, riceverà il legname gratis dal Comune e i censiti si scaldano d'inverno gratuitamente: con la loro legna. E' proprio il custode che porta i censiti nel bosco e assegna l'albero spettante. E' un miracolo di organizzazione questo angolo di mondo che risponde a regole e sapienza antica. "Si taglia solo una parte di quello che cresce e secondo un piano economico che viene aggiornato ogni 10 anni".

I custodi forestali viaggiano minuti di sigilli sull'ascia con i quali segnano le piante di loro competenza. Al seguito hanno prontuari e leggi: sono ben 17 quelle che devono far rispettare con relativo schedario sulle sanzioni, che per chi viola possono essere il doppio del minimo e un terzo del valore massimo della pianta. Chi taglia abusivamente un albero senza averne concordato l'abbattimento pagherà cinque volte il valore della pianta, sequestro compreso.

 

Gli usi civici che lui tutela ed invita a rispettare insistono su una porzione di bosco che conta almeno 3/4000 baite di censiti e ognuno di loro esercita un diritto legato al maso: quello di ricevere il legname di cui il nucleo familiare e la vita del maso necessita. Diritti che si estendono alla possibilità di estrarre sabbia, prendere sassi, usare i pascoli. Chiunque qui trova nel patrimonio collettivo  quanto basta per vivere. Forse anche per questo i primierotti sono così legati alla loro magnifica terra.

"L'origine dei nostri boschi comunali risale al 1842: l'Austria governava col governo centrale. Il bosco era il tesoro da cui si estraeva anche l'energia" spiega Silvano doff Sotta, mostrando le tracce delle carbonere sul sentiero. Basta smuovere con lo scarpone e sotto...la terra è nera. Veniva costruito un "pojat" con la legna disposta a  tronco di cono, un camino centrale e poi grazie a  un lentissimo fuoco si produceva per soffocamento il carbone che alimentava le miniere. Il processo di carbonizzazione consiste infatti nella parziale combustione del legno in condizioni di scarsa ossigenazione. Quindi, poca fiamma ed eliminazione dell'umidità del tronco così da ottenere un combustibile leggero, facilmente trasportabile e conservabile, ma dall'alto potere di sviluppare calore.

Dal Medioevo fino alla metà dell'800, il Primiero è stato infatti  interessato da un'intensa attività mineraria con estrazione e prima lavorazione di metalli. Per il funzionamento delle fonderie, era necessaria una grande quantità di carbone e legna. L'attività della carbonizzazione, che sfruttava principalmente il legno delle latifoglie, era diffusa in tutta la valle come testimoniano i numerosi toponimi rimasti: Val Carbonere e  Malcotti ad esempio. Ma c'erano anche le calchere. Servivano a produrre la calce per le baite costruite con i sassi del posto, come la Casina Forestale posta a 1135 metri su una piccola sella non a caso chiamata Valpiana.

 

Esiste anche una associazione che raggruppa i 180 custodi forestali. Il loro lavoro è prezioso: osservano, controllano, monitorano, censiscono, sanzionano, misurano i tronchi, fanno persino marketing perchè vendono per conto della comunità gli alberi. Sono quindi dei veri e propri manager che del loro prodotto sanno tutto: quanti esemplari, quanti da tagliare e quanti stanno già crescendo al loro posto. "La selvicoltura è una scienza"  afferma il Custode del Primiero.

Un lavoro così delicato e tecnico che chiede competenza e scaltrezza: il custode non è solo incaricato di dare il valore alla piante, ma anche di contrattare gli sconti laddove dopo il taglio si ravvisi un qualche difetto che prima della sega circolare non poteva certo essere previsto. Lui fa questo lavoro per passione, e per intraprenderlo ha lasciato un mestiere più remunerativo, ma si capisce da come ne parla che questa è proprio la sua vita.

Il nostro custode parla del suo lavoro che è anche molto burocratico e amministrativo, ma non per voglia di scartoffie, bensì perchè si tratta di certificare e governare un patrimonio che è di tutti, tanto prezioso quanto unico. Da queste parti si normava persino lo "strame" cioè le foglie del sottobosco che servivano per fare da lettirera alle bestie nella stalla.

Oggi non lo si usa quasi più e si opta per una più banale segatura derivante dalle attività di falegnameria del fondovalle, ma un tempo erano preziose anche le foglie. E anche questo dice il fascino e la saggezza dei valligiani che per secoli han saputo tramandare, difendere e custodire questo irripetibile patrimonio che rende il Primiero unico.

Lasciamo il bosco con l'emozione della sua ardita altezza e la memoria di un grande vecchio: è il Tasso Centenario (Legn de nass) incontrato lungo il sentiero. Ha più di 800 anni, misurava già 5 anni fa circa 15 metri, con un diametro a un metro da terra di circa 115 cm. Sviluppa una circonferenza di almeno 4 metri. E' uno dei tassi di maggiori dimensioni che crescano in condizioni naturali nei boschi delle Alpi. E' cresciuto abbarbicato su un versante ripido e poco disturbato attorno ha da secoli aceri e faggi di grosse dimensioni.

La pianta si trova dall'Europa all'Himalaya, è un sempreverde molto longevo che può raggiungere i 1000 anni, il suo legno che veniva usato dall'uomo antico per farne archi e utensili, viene utilizzato in ebanisteria. I suoi 800 anni  li mostra tutti nella corteccia del suo tronco che si sfoglia e dà da mangiare... al cervo, il quale sa che non fa male mentre tutto il resto - eccettuata la bacca - è velenoso (tanto che il buon tasso è conosciuto come l'albero della Morte).

E tutto ci sembra regolato da una magnifica agenda ambietale, in cui tutto ha un posto e tutto ha un senso. Un habitat  che va compreso anche nel suo apparente disordine. "Il bosco non è mai ordinato e va lasciato come è" ci spiega Silvano. "La pretesa della massima pulizia non risponde alla logica boschiva perchè sotto una catasta di rami c'è già il nuovo albero che germoglia". Passeggiare nel bosco insegna proprio questo: quanto sia grande Madre Natura.


Autore: Corona Perer

www.giornalesentire.it - riproduzione riservata*

Gallery

Commenti (0)