Arte, Cultura & Spettacoli

Fausto Melotti, una musica che diventa scultura

''Lasciatemi divertire'' Mostra alla Gam di Torino

Nel 1972 la Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino celebrava Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986) con un’ampia retrospettiva che lo consacrava tra i maestri dell’arte italiana.

A oltre cinquant’anni di distanza, la GAM dedica all’artista una nuova grande mostra, realizzata in collaborazione con la Fondazione Fausto Melotti di Milano e curata da Chiara Bertola e Fabio Cafagna.

Il titolo della mostra, “Lasciatemi divertire!”, trae ispirazione da un’ironica affermazione dell’artista e sottolinea l’approccio giocoso e sperimentale che ha caratterizzato la sua ricerca.

L’esposizione presenta oltre centocinquanta opere, provenienti da collezioni pubbliche e private e si articola intorno al nutrito nucleo di lavori conservati dalla GAM, tra cui la grande Modulazione ascendente (1977), collocata nel giardino del Museo.

Un percorso espositivo che ripercorre l’intera produzione di Melotti dagli esordi astratti degli anni Trenta fino alla maturità artistica.

FAUSTO MELOTTI. Lasciatemi divertire! - 16 aprile - 7 settembre 2025

GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino

a cura di Chiara Bertola e Fabio Cafagna

 

 

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Melotti, una musica che diventa scultura

(Corona Perer) - "Ho sempre fatto quello che ho voluto" disse il maestro nato a Rovereto, morto a Milano e sepolto a Firenze. "Non credo a fama, denaro e successo. Credo sia importante credere ad altre cose". In un'intervista concessa alla tv svizzera raccontò i rifiuti e i silenzi della critica che tuttavia non turbarono mai la sua ricerca. Racconto del suo amore per la musica, una passione che diventa scultura.

Raccontò le sue solitudini e anche la sua libertà. In un'altra concessa ad Antonia Mulas svelò di essersi sempre molto vergognato delle sue opere in ceramica, produzione per nulla secondaria della sua vicenda artistica. "Ma poi vidi quelle di Picasso e potei ricredermi".

Amava la musica. Aveva studiato al conservatorio pianoforte. Suonò anche in un'orchestrina messa in piedi da Depero a Rovereto e - certo - allora  non sapeva nè che sarebbe diventato un grande artista nè che sarebbe diventato lo zio di un grande pianista, quel Maurizio Pollini tuttora sui palcoscenici più prestigiosi al mondo.

La musica era la sua grande passione e fonte inesauribile di ispirazione per Melotti (amava Bach). L'altra passione di Melotti era la mitologia greca, che emerge nelle sue Kore. Era potente il fascino evocativo che le donne-micenee esercitavano nella sua estetica.

Ma non era un artista su cieli empirei benchè la sua arte prenda forme che conducono all'Assoluto. Lui guardava la vita e la raccontava nei suoi bestiari, nei teatrini, nei carretti di bambini. Osservava.
"Quando guardo un albero vedo anche tutto quello che lo abita. Gli insetti ad esempio, impegnati in una continua lotta tra loro per la sopravvivenza. Ed è così anche nella vita" afferma in un passaggio molto emozionante.

Per comprendere anche la solitudine di un genio, di cruciale importanza è l'ascolto delle parole dell'artista nella videointervista alla tv svizzera che consente di capire il suo rapporto con la materia  e le sue riflessioni sulla dignità dell'opera d'arte. Fausto Melotti, da libero pensatore e intellettuale, spostava il problema spiegando di fatto cosa è l'astrattismo:

"La dignità è nell'arte in sè e l'arte non ha bisogno di materia. La materia è fandonia, nasconde le manchevolezze dell'opera; non è la materia che fa l'opera d'arte" disse Melotti. "Uso il metallo perchè col metallo posso disegnare nello spazio e delimitare spazi armonici". E in Melotti il disegno è povero e potente.

 

Essere rifiutato non lo scoraggiava, ma è evidente che poteva amareggiare. "Credendo molto nella famiglia, la cosa più amara è non poter dimostrare a chi ami che sei qualcheduno” afferma Melotti nell'intervista  in cui rivelò di aver dovuto ingoiare molti rospi e certo gli fece male il giudizio di Carrà “...E' intelligente ma non è scultura”.

Ma successo e fama non l'avevano mai tentato. “Questo proprio perchè non credo al tempo, che è un concetto borghese, alla fama e alla gloria, perchè sono cose che passano, importante è credere in altre cose, perciò non aggrappandosi a questo uno resta sereno”. Di conseguenza non è opera d'arte ciò che dura nel tempo.

L'estetica di Melotti si basava  su tre pilastri: l'opera d'arte deve esprimere un concetto di sintesi, avere senso musicale e portare una invenzione plastica. L'artista deve innovare e “dire no ad una stanca e inutile ripetizione del passato...”

Ecco quindi che il fascino esercitato su di lui dagli inventori dell'arte astratta, Klee Mirò e Kandiskji, è fortissimo. Ed è l'amicizia con Lucio Fontana e Carlo Belli a scaldargli il cuore e lenire la solitudine tipica del genio.

Sintesi, musica e invenzione sono state ben raccontate in mostra da opere di grande genio: i tenerissimi sposi, l'ironica vacca lunatica, la metafisica interpretazione dell'Universo, il movimento dell'entrata delle Valchirie, la musica di “contrappunto”,  il vento in "aprile" percepito nella sua ombra prima ancora che dalla materia. Tra leggerezza, fluidità e linee essenziali, Melotti disegna l'idea e fornisce al concetto una dimensione plastica con passo lieve ed elegante.  

Una bellissima mostra aveva omaggiato Melotti nel 2018 a Pinerolo (To) grazie alla Fondazione Cosso che si era rivolta anche al Mart di Rovereto per la sua iniziativa. Dopo una iniziale disponibilità, la risposta è stata un sorprendente "non possiamo prestare opere". 

Un peccato e insieme una fortuna: infatti la mostra omaggio piemontese ha presentato un Melotti per lo più sconosciuto ovvero le opere dei collezionisti privati, che raramente vengono prestate e in alcuni casi non sono mai uscite dalle stanze dove abitualmente dimorano.

(Corona Perer)

Corona Perer, marzo 2023

 

 

 

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