illustrazioni e testo di Gloria Canestrini
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Arte, Cultura & Spettacoli

Le ghiande della strega sciamana

Erbe & Streghe

di Gloria Canestrini  - Nel corso di questa rubrica abbiamo visto che spesso tra i capi di imputazione nei processi per stregoneria si menzionava l'utilizzo di erbe e piante medicinali, ben conosciute nella cultura popolare dell'epoca. Questi riferimenti affiorano nelle carte processuali, ossia nei verbali (quasi sempre redatti da un notaio) e nelle sentenze. Chi ha  occasione di visitare gli archivi storici di Modena, Venezia e Napoli, tra i più forniti depositi (non ecclesiastici) di fascicoli processuali dal sedicesimo secolo in poi, può capire l'enorme mole di materiale documentale prodotto da un'attività giudiziaria imponente, incessante, estesissima. Eppure, ciò  che rimane è  solo la punta dell'iceberg: al termine della maggior parte dei processi conclusi con una condanna al rogo, venivano gettati nel fuoco anche gli incartamenti. L'intento infatti era quello di ridurre in cenere non solo i corpi delle donne tacciate di stregoneria, ma anche la loro memoria, le loro tracce, la loro storia, i loro saperi, il loro esempio.

Chi erano dunque le streghe, e quali i loro tremendi delitti, tali da provocare una repressione così violenta da parte delle classi dominanti?

Senza dubbio durante i secoli in cui di protrasse la caccia alle streghe l'accusa di stregoneria serviva a coprire una serie di colpe, che andavano dalla sovversione politica e dall'eresia religiosa, all'immoralità, alla sessualità, alle pratiche mediche. Ma tre accuse emergono soprattutto e ripetutamente dalla storia dei processi alle streghe in tutta l'Europa del Nord. Prima di tutto erano accusate di ogni crimine sessuale immaginabile contro i maschi. Più  semplicemente, erano accusate di avere una sessualità femminile. In secondo luogo erano accusate di essere organizzate, soprattutto nei loro incontri notturni.

Il terzo ordine di accuse era quello di avere poteri magici sulla salute: quasi sempre l'accusa era specifica, quella cioè di possedere abilità mediche tramite l'esercizio della farmacopea popolare.

Le guaritrici si servivano, oltre che dell'arte dei semplici, anche di quella tradizione di magia che abbiamo visto essere parte integrante della cultura rurale dell'epoca. Le medichesse, poi condannate come streghe, usavano quindi anche incantesimi, amuleti, rituali che avevano il potere di creare una grande forza di suggestione nel malato.

In un processo tenutosi in Maremma nel sedicesimo secolo, ad esempio, un testimone riferì al cancelliere di aver visto, mentre con un amico tornava dalla campagna,  una di queste sciamane operare i suoi rituali per la guarigione di una contadina tormentata dal mal di denti attraverso l'uso di ghiande pestate in un mortaio, e che la guaritrice, mentre danzava con lenti movimenti circolari, disperdendo sulla donna sofferente polvere di ghiande,  si trasformava in cinghiale.
 

 

Forse il delatore ce l'aveva con i cinghiali che gli avevano devastato il campo di mais, forse aveva bevuto troppo oppure era semplicemente  ossessionato dal corpo femminile. Chissà. Sta di fatto che, indirettamente, ci ha fornito prova delle virtù  terapeutiche delle ghiande, con le quali un tempo si preparava una sorta di caffè e gradito anche ai cinghiali: le ghiande sono ricche di fibre e proteine, carboidrati, sali minerali, vitamine del gruppo B, calcio, potassio e sodio. Sono un ottimo battericida naturale e anti-tumorale, agiscono contro il dolore dei denti e delle gengive e hanno un forte potere antiossidante.

La povera medichessa, della quale non ci è pervenuto neppure il nome, finì  condannata per rituali satanici.


Autore: Gloria Canestrini

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