Arte, Cultura & Spettacoli

Sguardi d'arte: Sebastião Salgado

Tra i suoi progetti più iconici ''Amazônia'' e ''Ghiacciai''

E' morto Sebastiao Salgado, un grande fotografo, un vero artista dell'obiettivo. Aveva  81 anni. La morte è stata annunciata dall'Académie des Beaux-Arts a Parigi.   La conferma arriva anche dall'Instituto Terra, un'organizzazione non governativa fondata da Salgado.

''Sebastião è stato molto più di uno dei più grandi fotografi del nostro tempo. Il suo obiettivo ha rivelato il mondo e le sue contraddizioni; la sua vita, il potere dell'azione trasformativa" si legge nell'annncio funebre. 
Sebastiao Salgado era arte pura aggiungiamo noi, perchè il suo sguardo era pieno di umanità. 

A causa (si fa per dire) di una sua foto la nostra testata ha subito e tuttora subisce una pena decisa da un algoritmo. Sono le imbecillità di Meta ed è anche il motivo per cui abbiamo rallentato di molto la nostra presenza social. La foto era questa, accusata dagli imbecilli, di essere ''foto con nudi e contenuti sessuali):


 

Insieme alla sua compagna di vita, Lélia Deluiz Wanick Salgado, ha seminato speranza dove c'era devastazione e ha fatto fiorire l'idea che il ripristino ambientale è anche un profondo gesto d'amore per l'umanità. 

Sebastiao Salgado viveva ormai da lungo tempo a Parigi e dal 1990 aveva smesso di fotografare le persone concentrando la sua attività sull'impegno sociale, sulle priorità ambientali e sulla sostenibilità. Ha speso bene i suoi 81 anni e gli dobbiamo foto che rimarranno nella memoria collettiva.

Scompare un vero artista.

23 maggio 2025

 

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IL PROGETTO AMAZONIA

Sebastião Salgado e l'Amazônia sono ormai un binomio identitario. «Per me questa è l'ultima frontiera, un misterioso universo a sé stante, in cui l'immenso potere della natura si percepisce come in nessun altro luogo terrestre» afferma il grande fotografo.

Sebastião Salgado. Amazônia a cura di Lélia Wanick Salgado compagna di viaggio e di vita del grande fotografo, è diventata una mostra che è già stata ospitata da importanti città italiane (Milano e Trieste).

Salgado ha documentato la vita quotidiana di popoli come gli Yanomami, gli Asháninka, gli Yawanawá, i Suruwahá, gli Zo'é, i Kuikuro, i Waurá, i Kamayurá, i Korubo, i Marubo, gli Awá e i Macuxi: i loro intensi legami familiari, la caccia e la pesca, la preparazione e la condivisione dei pasti, il loro meraviglioso talento nel dipingere volti e corpi, l'importanza dei loro sciamani, le loro danze e i loro rituali.

 

Per sei anni Sebastião Salgado ha viaggiato nell’Amazzonia brasiliana, fotografando la foresta, i fiumi, le montagne e le persone che vi abitano. Ha fotografato alberi, nuvole,  volti. L'ansia e l'angoscia di scomparire e la tumultuosa vita naturale che governa questo meraviglioso angolo di mondo.

Sebastião Salgado ha dedicato il suo lavoro ai popoli indigeni dell'Amazzonia brasiliana. «Spero con tutto il mio cuore, la mia energia e la mia passione che da qui a 50 anni la mia non sarà la testimonianza di un mondo perduto. L'Amazzonia deve continuare a vivere».

Dopo il progetto Genesi, Salgado ha intrapreso una nuova serie di viaggi per catturare l'incredibile ricchezza e varietà della foresta amazzonica brasiliana e i modi di vita dei suoi popoli, stabilendosi nei loro villaggi per diverse settimane e fotografando diversi gruppi etnici. Questo progetto è durato sette anni durante i quali ha fotografato la foresta, i fiumi, le montagne e le persone che vi abitano, registrando l’immensa potenza della natura di quei luoghi e cogliendone nel contempo la fragilità.

Questa mostra è un’immersione totale nella foresta amazzonica: i suoni della foresta registrati in loco – il fruscio degli alberi, le grida degli animali, il canto degli uccelli e il fragore delle acque che scendono dalle montagne – compongono un paesaggio sonoro creato da Jean-Michel Jarre che accompagna e rende ancora più potenti le impressionanti immagini di Salgado.

Attirando l'attenzione sulla bellezza incomparabile di questa regione, Salgado vuole accendere i riflettori sulla necessità di proteggerla insieme ai suoi abitanti. La foresta è un ecosistema fragile, che nelle aree protette dove vivono le comunità indigene non ha subito quasi alcun danno. Tutta l'umanità ha la responsabilità di occuparsi di questa risorsa universale, polmone verde del mondo, e dei suoi custodi.

«Questa foresta sconfinata ospita un decimo di tutte le specie vegetali e animali esistenti, è il laboratorio naturale più grande del pianeta» afferma Salgado che ha visitato una decina di tribù indigene che vivono in piccole comunità sparse per la più grande foresta tropicale del mondo.

 

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