Arte, Cultura & Spettacoli

Fontana e il Cosmo

''Giotto | Fontana, Lo spazio d'oro'' - fino al 3.03.2024 al Museo MAN di Nuoro

«Scoprire il Cosmo – ripeteva, non per nulla, Lucio Fontana – è scoprire una nuova dimensione. È scoprire l’Infinito. Così, bucando questa tela – che è la base di tutta la pittura – ho creato una dimensione infinita».

Dopo le grandi mostre già riservate ad Alberto Giacometti e l'arcaico (in collaborazione con la Fondazione Giacometti di Zurigo) o Picasso e il mito, e la più recente dedicata a Matisse, il MAN Museo d'Arte della Provincia di Nuoro presenta un progetto inedito centrato sulla ricerca spaziale di Lucio Fontana andando ad indagare lo spazio così come concepito nell'arte di Giotto.

E dunque una preziosa tavola di Giotto – i Due apostoli della Fondazione Giorgio Cini di Venezia - è posto a confronto con ''Concetto spaziale'' di Fontana del MART di Rovereto scaturito dalle speculazioni su Florenskij e la pittura dell'assoluto, affrontata scientificamente da grandi studiosi, fra cui Georges Bataille, Lionello Venturi, Jean-Paul Sartre, Michael Baxandall, Jean Servier, Luigi Carluccio.

 

Una tensione verso l’infinito e il trascendente accomuna antichi e contemporanei e rende il dialogo fra Giotto e Fontana significativo e puntuale nel senso di un affondo esemplificativo, minimalista quanto intenso, fra le pieghe di questo tema di studio dell'arte universale.

Nella tradizione pittorica bizantina e in quella medievale occidentale, viene progressivamente meno la volontà di rappresentare uno spazio reale e tridimensionale. Il fondo oro di mosaici e tavole dipinte offre infatti una rilucenza profonda e vibrante e conferisce alla composizione pittorica, per lo più sacra, un’aura di religiosità e mistero, atta a sancire il legame indissolubile tra arte e fede.

La pittura delle icone presuppone, non a caso, una metafisica delle immagini e della luce che nel Novecento trova eredi sensibili. Ed è a questa metafisica che autori come Wildt, Carrà, Casorati e poi Melotti e Fontana, oltre a maestri internazionali del calibro di Rothko o Yves Klein, hanno guardato, rivolgendosi persino all'uso dell’oro come veicolo verso l'astratto, verso il sacro, oltre le “porte regali” dell’iconòstasi, al di là del margine fra mondo visibile e il mondo invisibile, «luogo dove si manifesta una pittura sublime – per citare Florenskij – in cui le cose sono “prodotti della luce”».


una produzione MAN, Nuoro
da un'idea di Chiara Gatti
testi scientifici a cura di Andrea Nante e Paolo Campiglio, Serena Colombo e Chiara Gatti
Coordinamento di Rita Moro

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