Arte, Cultura & Spettacoli

La Badessa e il Calamaro

Erbe & Streghe di Gloria Canestrini

La nobile badessa e il calamaro -  In omaggio al primo sole estivo e alla voglia di mare che un po' ci afferra in questo periodo dell'anno, in questa puntata non vi parlerò di boschi, di funghi e di piante che, forti del loro significato simbolico e delle loro virtù terapeutiche, sono entrati a far parte della medicina popolare e della storia processuale  dal Medioevo in poi.

Il mondo vegetale, per una volta, non lo menzioneremo nemmeno, perché  protagonista di questa storia è un animale marino.

Dunque, procediamo con ordine, avvalendoci della bellissima biografia romanzata del filosofo pre-illuminista roveretano Girolamo Tartarotti, scritta da Leonardo Franchini.
Siamo quasi a metà del 1700 e i processi alle streghe sembrano, ormai, un ricordo orribile del passato.
Scrive Franchini: “Ma il pregiudizio  è una malattia difficile da debellare. In particolare in certe zone d'Europa non sarebbe scomparso fino alla fine del XVIII secolo.

Il problema faceva fremere di indignazione il Tartarotti, che all'inizio aveva reagito istintivamente all'ingiustizia. Cominciò quindi a raccogliere materiali e a studiare l'argomento. E' probabile che avesse già in mente la conclusione alla quale voleva arrivare, tuttavia dichiarò, da onesto studioso :...non voglio privarmi delle verità che mi somministra la Fede, avvegnaché oscure, perocché quello che la ragione vi scapita nella chiarezza, lo guadagna nella certezza che ne acquista. 

Il progetto letterario stentava a decollare e forse il capolavoro di Girolamo Tartarotti, ossia Del Congresso notturno delle Lammie (stampata a Venezia ma con la datazione a Rovereto) non avrebbe mai visto la luce se non ci fosse stata una ragione scatenante, quella che portò alla pubblicazione dell'opera  ormai rimaneggiata per diversi anni.

L'elemento che convinse lo studioso a riprendere il lavoro fu la notizia di un processo tenuto a Würzburg nel giugno del 1749. Scrive Leonardo Franchini: “L'imputata era una suora anziana, nobile e vice badessa di un convento in Unterzell. Si chiamava Marie Renate von Mossau e aveva già compiuto 69 anni.
Come moltissimi altri analoghi processi, terminò con la condanna alla pena capitale, preceduta da un severo ammonimento. Durante l'esecuzione, il gesuita Georg Gar aveva pronunciato infatti un discorso, quasi subito onorato con la pubblicazione e fatto girare a edificazione dei fedeli, nel quale asseriva la necessità di punire con la morte i maghi e le streghe, proprio per servire da ammonizione alla gente che non crede né a' streghe, né a' maghi, né al Demonio, né allo stesso Dio”.

Una copia del trattato pervenne rapidamente a Girolamo Tartarotti, che la fece pubblicare con un proprio commento, mettendone in evidenza l'insostenibilità razionale, e ribadendo la propria assoluta condanna ai processi per stregoneria.

Nelle dissertazioni contenute in questo libro fondamentale, che illuminò con la luce della ragione le terribili ombre di un passato di persecuzioni contro le donne, non vi è traccia delle imputazioni e delle asserite prove che condussero alla condanna della badessa von Mossau. Anche nella biografia di Tartarotti sopra ricordata, tale argomento è, naturalmente, omesso.

Eppure la storia del processo a Marie Renate von Mossau riserva grandi sorprese.
In primo luogo, per via della condizione sociale della protagonista, contessa  di nascita, figlia di un ufficiale nobile, e appartenente a una “casta” sociale allora quasi intoccabile, in Baviera. La Singer era stata denunciata da sei consorelle, che si dissero possedute dal diavolo a causa delle arti incantatorie della sottopriora e alle sue eccentriche e imperdonabili abitudini alimentari.
Sembra infatti che la nobildonna si concedesse, facendoli arrivare direttamente dall'Adriatico sotto sale, il lusso di cibarsi, di tanto in tanto, di calamari, il suo piatto preferito.

Sembra che, una delle sei suore denuncianti, nottetempo, assistesse, non vista, al recapito del misterioso involto contenente quella prelibatezza. Ricevuto in gran segreto all'ingresso secondario del convento di Unterzell, località a qualche chilometro da Würzburg, il pacco, a quanto pare, fu scartato per verificare la considerevole dimensione dei molluschi cefalopodi della famiglia Loliginidae, in arte calamari.
Marie Renate, tutta soddisfatta, rifatto il pacco, si avviò verso le cucine del convento, senza avvedersi della presenza della consorella. Questa, la notte stessa, riferì nei dettagli alle altre le fattezze di quelle demoniache e mostruose creature, vieppiù minacciose perché irrigidite dalla salatura. Poi la storia fu riferita al vescovo in persona.

Non è dato sapere se vi furono nello specifico altri capi di imputazione, in base ai quali Marie Renate Singer non ebbe scampo, anche perché, come ormai sappiamo, i verbali di interrogatorio e di udienza venivano sistematicamente distrutti dopo ogni condanna capitale.

Eppure, al di fuori da pregiudizi e ignoranza, la predilezione della badessa per i molluschi non era certamente una bizzarria, come la si volle far passare. Potendoseli permettere (questo non era un problema, vista la ricca famiglia di appartenenza) e conoscendo a fondo la medicina popolare (occupazione che impegnò la monaca per tutta la sua vita), la badessa curava la sua salute.

I calamari infatti sono ricchi di acidi grassi omega-3, benefici per la salute cardiaca, poiché possono ridurre l'infiammazione, abbassare i livelli di colesterolo e migliorare la funzione delle arterie.
Insomma, Marie Renate Salinger von Mossau godeva di ottima salute, nonostante i suoi sessantanove anni. Questo, ovviamente, prima di essere giustiziata.

Del resto, il calamaro ha occupato larga parte dell'immaginazione letteraria, sin dall'antichità, soprattutto  per quanto riguarda l'Architeuthi dux, il calamaro gigante. Ci sono sempre stati racconti di marinai che narravano di assalti alle navi da parte di mostri simili al kraken.

Nonostante i numerosi resoconti di testimoni oculari raccolti dallo studioso di scienze naturali Pierre de Montfort, che negli anni a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo raccolse tutti i racconti relativi a tali mostri dai molti tentacoli, (che poi vennero pubblicati nella sua Storia naturale generale e particolare dei molluschi), all'autore non riuscì di convincere i suoi colleghi scienziati dell'esistenza di un calamaro gigante Morì povero in canna e deriso come se fosse pazzo. Però, come notano Monika Niehaus e Michael Wink nello studio Piante psicoattive e veleni in antichi miti e leggende, già citato in questa rubrica, “i suoi disegni furono fonte di ispirazione per lo scrittore Jules Verne per la lotta del sottomarino Nautilus con il calamaro gigante, come rappresentata nel suo romanzo fantascientifico Ventimila leghe sotto i mari (1870)”.

Le dimensioni di questa formidabile creatura? Un dato realistico dovrebbe essere quello di una lunghezza intorno ai 13 metri. Come tutti i calamari (anche i deliziosi involtini impanati e fritti che finiscono nel nostro piatto) l'Architeuthis è un carnivoro, e per fare in piccoli pezzi la sua preda si serve di un becco di corno, con cui  può strappare un timone, apparentemente senza nessuno sforzo.

Ragion per cui l'apprensiva Circe aveva messo in guardia Ulisse così:

E sotto Cariddi gloriosa l'acqua livida assorbe.
Tre volte al giorno la vomita e la riassorbe
paurosamente. Ah, che tu non sia là quando assorbe!
Non ti salverebbe dalla rovina neppur l'Enosìctono.

Chiosano gli autori sopra citati: “ E' noto che i calamari giganti, specialmente in caso di maremoti, siano spinti verso la superficie dalle profondità marine in cui normalmente abitano...Che sia forse in questo collegamento tra la terribile Scilla e la non meno temibile Cariddi?”

Abbiamo divagato.
La badessa di Unterzell non fu l'ultima vittima della spaventosa caccia alle streghe (intrisa di pregiudizi e di sincero odio verso le donne) che insanguinò l'Europa della Controriforma. Nella sola Baviera  almeno una trentina di persone venne giustiziata nei trent'anni successivi al 1749, anno in cui moriva Maria Renate.
L'ultima vittima tedesca sembra essere stata Maria Anna Schwagelin, una donna povera e malata, condannata alla pena capitale nel 1775 a Kempten, la quale certo non poteva concedersi solitari lussi gastronomici, ma non per questo giudicata meno pericolosa dalle gerarchie ecclesiali a causa delle sue conoscenze botaniche e farmaceutiche.

Gloria Canestrini


Autore: Gloria Canestrini

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