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Cyberbullismo: scuola e famiglia luoghi della lotta

Importante monitorare il periodo di insorgenza

Istituzioni, scuola e famiglie, ipossono contrastare i fenomeni di cyberbullismo, ma devono lottare insieme. Per questo serve un'eduzazione all'utilizzo consapevole della rete.

Il 7 febbraio è la Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo. "Attiviamoci tutti insieme, scuole di ogni ordine e grado e istituzioni, per promuovere attività di sensibilizzazione che favoriscano la presa di coscienza e l'assunzione di responsabilità da parte di tutte le componenti scolastiche, solo così possiamo essere incisivi nella prevenzione di bullismo e cyberbullismo". E' questo il messaggio che l'assessore provinciale all'istruzione, università e cultura, Mirko Bisesti, ha voluto rivolgere al mondo scolastico alla vigilia della Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo.

In linea generale sono identificabili tre tipologie di comportamento aggressivo: violenza fisica diretta, aggressività verbale e relazionale – anche indiretta – caratterizzata spesso da violenza psicologica come diffamare, escludere, ghettizzare o isolare la vittima.

Bullismo e cyberbullismo si differenziano in particolare nella dimensione contestuale: nel cyberbullismo gli attacchi non si limitano esclusivamente al contesto scolastico, ma la vittima può ricevere messaggi o e-mail dovunque si trovi, e questo rende la sua posizione molto più difficile da gestire e tollerare (Tokunaga, 2010). Nel bullismo digitale la responsabilità può essere condivisa anche da chi visiona un video, un’immagine e decide di inoltrarla ad altri, il gruppo, quindi, acquisisce un ruolo, un’importanza, una responsabilità diversa (Brighi, 2009), e – in particolare – la portata del gesto aggressivo assume una gravità spesso superiore, con conseguenze estremamente gravi (Slonje & Smith, 2008).

Ogni giorno in molte scuole si registrano episodi di cyberbullismo: i sondaggi rilevano che un ragazzo su quattro in Italia tra gli 11 e i 17 anni è stato coinvolto. Non si tratta di un fenomeno nuovo, ma negli ultimi anni si riscontra l’abbassamento dell’età: prima il bullo aveva dai 14 ai 16 anni; ora si inizia già tra i 7 e gli 8 anni.

In genere le vittime di genere femminile reagiscono al sopruso con tristezza e depressione, i soggetti di genere maschile invece esprimono più spesso la rabbia. Inoltre, mentre le ragazze tendenzialmente denunciano le prepotenze subite e, se spettatrici di episodi di bullismo perpetuati ai danni di altri, reagiscono cercando di difendere la vittima, i ragazzi adottano più spesso un comportamento omertoso e complice (Sullivan, 2000).

Le differenze di comportamento tra i generi si acutizzano con l’età: meno evidenti nei primi anni di scuola, emblematiche del genere di appartenenza durante il periodo adolescenziale. Molteplici sono i modelli teorici che hanno cercato di spiegare l’aggressività e il bullismo e di comprendere i fattori del disagio o della devianza.

Esiste un’ampia  letteratura che evidenzia come episodi di bullismo, subiti e perpetrati, nell’infanzia e nell’adolescenza abbiano forti probabilità di sfociare in gravi disturbi della condotta in tarda adolescenza e nell’età adulta (Menesini, 2000, 2008; Menesini et al., 2012).

Il bullismo non è un fenomeno di nuova generazione, ma è innegabile che presenti oggi dei caratteri di novità, uno dei quali è ascrivibile nelle potenzialità offerte dalle strumentazioni tecnologiche. Una nuova manifestazione di atti di bullismo, è infatti, il cyberbullismo, frutto dell’attuale cultura globale in cui le macchine e le nuove tecnologie sono sempre più spesso vissute come delle vere e proprie estensioni del sé.

Gli sms, le e-mail, i social network, le chat sono i nuovi mezzi della comunicazione, della relazione, ma soprattutto sono luoghi “protetti”, anonimi, deresponsabilizzanti e di facile accesso, quindi perversamente “adatti” a fini prevaricatori come minacciare, deridere e offendere.

Il bullismo appare fondarsi su un disagio familiare che spinge l’individuo a mettere in atto comportamenti vessatori essenzialmente per due differenti ragioni quali l’apprendimento pregresso e il vissuto di rivalsa. Nel primo caso il soggetto ripropone in classe il modello di comportamento violento appreso in famiglia. Nel secondo, riattualizza ciò che ha vissuto come vittima di aggressioni, invertendo però il proprio ruolo (identificandosi così con l’aggressore).

"Il cyberbullismo è una forma ancora più insidiosa di bullismo: i cyberbulli possono nascondersi facilmente dietro l'anonimato offerto da internet e possono comunicare i loro messaggi offensivi a un pubblico molto più vasto con notevole velocità. Inoltre questa forma di bullismo può essere più facilmente nascosta al mondo degli adulti, data la generale maggiore competenza tecnologica dei ragazzi rispetto ai genitori - prosegue l'assessore Bisesti - per questo è necessario monitorare costantemente e prestare grande attenzione ai campanelli di allarme: intervenire tempestivamente è molto importante, agendo sia sulla vittima sia sul bullo perché sono entrambi espressioni, uguali ma opposte, di un profondo disagio affettivo e relazionale - aggiunge l'assessore provinciale -, perché i protagonisti del fenomeno non sono soltanto il bullo e la vittima, ma bisogna tener presente anche coloro che sono a conoscenza e non intervengono". Non devono quindi esserci comicità silenziose.

Per combattere questi fenomeni occorre cultura del diritto e del dovere, cultura del rispetto. E come detto istituzioni, scuola e famiglie, possono contrastare i fenomeni di cyberbullismo, ma devono lottare insieme. Un'eduzazione all'utilizzo consapevole della rete è certamente il primo passo visto che i giovanissimi sono nativi digitali che "nascono" e crescono sulle piattaforme social.

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