
Gideon Levy, ''Killing Gaza''
Esce oggi 5 settembre il suo ultimo libro per Meltemi editore
(Corona Perer) - ''La Gaza che amavo non è più la stessa'' afferma Gideon Levy, una delle voci più coraggiose del giornalismo israeliano. In ''KILLING GAZA - Cronaca di una catastrofe'' raccoglie articoli, reportage e riflessioni per raccontare la realtà di un’occupazione che si protrae ormai da decenni. Da oggi 5 settembre il libro è nelle librerie italiane edito con Meltemi Editore.
Levy - fra tutti gli ebrei - è certamente uno tra i più coraggiosi oltre che una delle penne pù autorevoli come abbiamo già scritto in merito alla drammatica crisi su Gaza (> guarda qui l'intervento di Gideon Levy). Vive in Israele ed è giornalista e opinionista per Haaretz, quotidiano per cui documenta l’occupazione israeliana di Gaza e della Cisgiordania. Le Monde lo ha definito “una spina nel fianco d’Israele”.
La situazione di Israele - scrive Gideon Levy - è peggiorata in modo indescrivibile e il prezzo pagato da Gaza e dai suoi abitanti è enorme.
''È una guerra senza alcuno scopo o beneficio, senza vittorie o vincitori'' scrive Levy. ''Uno degli eserciti meglio equipag-giati, più tecnologicamente avanzati e addestrati del mondo non è stato capace di distruggere Hamas, un'organizzazione che scarseggia di mezzi finanziari, armamenti, personale e tecnologia''.
Ripercorrendo le tappe che hanno condotto al 7 ottobre 2023, l’autore documenta le condizioni di vita a Gaza e l’intensificarsi delle operazioni militari che hanno preparato il terreno per l’ultima esplosione di violenza. Il suo sguardo si sofferma sulle responsabilità politiche e sulla macchina della propaganda che ha plasmato l’opinione pubblica nell’intero Occidente. Il risultato è una narrazione potente e tesa, capace di restituire complessità senza cedere all’ambiguità morale.
Dal libro emerge una drammatica realtà. Anzitutto politica: in Israele non c'è una vera alternativa a Netanyahu. Poi sociale: non un soldato israeliano si è opposto o ha rifiutato di partecipare a questa guerra scellerata. Nell'esercito israeliano c'è chi ha voluto portare nella spirale di violenza anche la tranquilla Cisgiordania. ''È la corrente dominante in Israele a portarci all'Aia, non le sue frange estremiste''.
E poi c'è il paradosso di un popolo - i palestinesi - che a Gaza è ostaggio sia di Israele che di Hamas. Gideon Levy lo dice apertis verba: "Se ciò che è in corso a Gaza non è un genocidio, allora che cos'è?''. La dignità di Israele è rovinata. Tra i tanti drammi crudeli quello della polizia di frontiera israeliana: dopo aver ucciso una bimba palestinese di quattro anni ne ha restituito il corpo solo dopo dieci giorni
La disumanizzazione dei gazawi ha toccato il fondo. Gli adolescenti palestinesi dicono di non avere futuro, fanno i conti con la morte ogni giorno.
La posizione di Levy proprio perchè scomoda è indispensabile: è quella di chi rifiuta il silenzio e sceglie di denunciare l’ingiustizia, con una chiarezza che obbliga a prendere posizione.
''Le sue parole dovrebbero essere lette da chiunque voglia arrivare al cuore di questo conflitto estremamente brutale. Il suo è un libro urgente, che parla al lettore con la forza dei fatti'' segnala Meltemi che porta in Italia questo libro coraggioso ultimato nel maggio 2024 quando la triste contabilità dei morti dava 36 mila vittime (erano venticinquemila quando lo aveva iniziato) ed oggi sappiamo che il bilancio è tragicamente aumentato e di giorno in giorno muoiono continuamente donne, bambini, uomini.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ma anche l'ONU per bocca di Guterres hanno spesso denunciato che la situazione è "oltremodo catastrofica". Eppure niente accade, nessuno ferma Israele. ''Quasi un milione di gazawi è stato trasformato per la terza volta in un ammasso di profughi, costretto a fuggire in luoghi dove non può attendersi né sicurezza, né i fondamentali servizi pubblici: non c'è altro che sabbia''.
E poi ci sono le ferite nell'anima, insanabili. Levy ricorda Sufyan Abu Zaydeh, appartenente al movimento Fatah durante l'epoca degli Accordi di Oslo, promotore di pace. Prima ancora, era stato imprigionato per alcuni anni in un carcere israeliano per coinvolgimento in reati di terrorismo. Dopo il suo rilascio ha svolto un dottorato all'Università di Exeter, nel Regno Unito, sul tema della politica israeliana nella questione di Gerusalemme. Parla correntemente ebraico, ha molti amici israeliani, e durante l'epoca di Oslo compariva spesso sui mezzi d'informazione israeliani, quando i palestinesi ancora venivano intervistati dalla stampa locale.
''Ora Abu Zaydeh, è un profugo al Cairo e parte della sua famiglia è appena stata annientata. Lui si chiede: "Come si fa a mandare via questa tristezza, come si può guarire questa ferita?. La sua domanda può solamente restare come sospesa in aria, senza una risposta. Qui, a quanto pare, non ci sono più parole''.
Ci è voluto sicuramente tanto coraggio per questo libro. Gideon lo ha attinto da Catrin Ormestad, in passato giornalista e ora romanziera. ''La mia compagna e il mio amore. Ci siamo conosciuti a Gaza e insieme abbiamo intra-preso un viaggio entusiasmante e affascinante che continua da diciott'anni anni; lungo quasi quanto l'assedio di Gaza. Potrebbe essere una delle uniche cose buone emerse da Gaza nel corso di questi anni maledetti. Senza Catrin, il suo sostegno o i suoi saggi consigli, questo libro non esisterebbe''. E a lei lo ha dedicato.
Resta aperta la domanda delle domande: fino a quando? Dove ci conduce tutto ciò? «Questa legittimazione del male resterà con noi a lungo una volta finita la guerra. Gaza può essere rimessa in piedi, ma il collasso morale di Israele no. La legittimazione dei crimini di guerra non ci abbandonerà, e d’ora in avanti sarà tutto permesso anche in Cisgiordania, e successivamente all’interno dello stesso Israele.»
C'è qualche motivo di speranza? Sì e no. ''Il risveglio internazionale è un motivo di speranza e disperazione. Disperazione perché arriva gravemente tardi; speranza perché almeno sembra che il mondo abbia acquisito coscienza dell'urgenza di trovare una soluzione alla questione palestinese''. Ci volevano tutti questi morti perchè il mondo compredesse la tragedia palestinese?
Eppure Israele incolpa chiunque altro per la sua stessa infamia. ''Il mondo deve costringere Israele alla pace'' conclude Levy.
c.perer
foto: Mahmoud Ajjour, 9 anni, ha perso entrambe le braccia
in seguito a un bombardamento nella città di Gaza.
Qui è stato fotografato in Qatar, il 28 giugno 2024 dove era stato trasferito per cure mediche
dopo l’amputazione degli arti in seguito a un’esplosione.
La foto è di ©Samar Abu Elouf, e fa parte della mostra
''Isole che Parlano di fotografia - Gaza When Emotions Suffocate
che dall'8 settembre al 12 ottobre 2025, si terrà a Palau (OT)
Inaugurazione lunedì 8 settembre ore 21:00 alla presenza della fotografa
Autore: Corona Perer
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