
Le belle Utopie: la Città del Sole
Tommaso Campanella ed il sogno di una società giusta
La città ideale: secondo l'iconografia classica è una città murata, una torre, oppure la magnifica proporzione della città rinascimentale (in copertina). La città ideale, la Santa Gerusalemme, fu al centro dell'immaginario dantesco e una mostra ad Urbino nell'autunno di quest'anno dantesco (a Palazzo Ducale) metterà in luce il concetto di Città di Dio e Città degli Uomini, sulle quali riflettè molto il Sommo Poeta.
Ma cosa intendiamo per città ideale?
Per Tommaso Campanella non era architettura: era una magnifica costruzione etica. Campanella era un frate domenicano, uno che andava controcorrente tanto che gli occhi della Santa Inquisizione si posarono su di lui e con l'accusa di aver tentato di organizzare una rivolta anti-spagnola in Calabria, e venne imprigionato.
Animato da un sogno bellissimo in cui riecheggiano Platone, Giordano Bruno, Tommaso d'Aquino, e Telesio disegna la società perfetta, ovvero la Città del Sole.
Un luogo dove abita il merito, la sapienza e in una parola la felicità. Tommaso Campanella la descrive all’inizio del Seicento in un dialogo: è una società immaginaria, perfetta e felice, si trova in Sri Lanka, ed è fortificata.
Il criterio per scegliere il capo ossia colui che tiene le redini e governa è la sapienza, non esiste proprietà privata, il sesso e la riproduzione non sono legati al matrimonio, né a un sistema familiare ma nemmeno lasciati alla libertà personale ma regolata da un Ministro. Nessuna femmina si concede prima dei diciannove anni e nessun maschio prima dei ventuno.
Nella "Città del sole" riecheggiano i temi di un'opera presedente a quella del frate calabrese: il romanzo “Utopia” di Thomas More, pubblicato circa un secolo prima, nel 1516. Forti sono gli echi della Repubblica di Platone. Anche Tommaso Moro delinea la città perfetta senza proprietà privata, tutti devono coltivare la terra a rotazione, vige il principio di assoluta uguaglianza, la tolleranza consente la professione di qualsiasi religione.
La città del sole è un’utopia e infatti il dialogo appartiene alla tradizione utopica. Un dialogo tra chi? Tra l’Ospitalario, cavaliere dell’ordine di Malta, e il Genovese, nocchiero di Colombo. E' il secondo a narrare dei suoi viaggi e di aver visto all'isola di Taprobana, una città ideale per leggi e costumi retta da un Principe Sacerdote, chiamato Sole (o Metafisico) che detiene assoluto potere spirituale e temporale.
Erudizione, saggezza, conoscenza ma anche genio artistico sono le sue competenze. Deve avere esperienza e non essere inferiore ai 35 anni. Uomo maturo dunque. Lo affiancano tre Prìncipi: Pon (Potestà), a capo della guerra e della pace, Sin (Sapienza) che ha cura delle scienze, e Mor (Amore) al quale è affidata la procreazione, la salute, la produzione, il lavoro e l’educazione degli abitanti.
La città sorge su un colle ed ha una struttura circolare, formata da sette cerchie di mura concentriche che prendono nome dai sette pianeti. Ogni girone è fortificato, pertanto è quasi impossibile conquistarla, in quanto bisognerebbe espugnarla sette volte. Vi si accede attraverso quattro porte rivolte verso i quattro punti cardinali. In cima al colle vi è una grande pianura in mezzo alla quale sorge il tempio del Sole, di forma circolare, e sull’altare anch’esso di forma circolare e diviso in una croce, è posto un mappamondo.
L’organizzazione della città è del tutto razionale, ordinata e regolata dagli «offiziali» i quali vigilano affinché nessuno possa far torto all’altro. In questa città si coltiva la Liberalità, Magnanimità, Castità, Fortezza, Giustizia criminale e civile, Operosità, Verità, Beneficienza, Gratitudine, Misericordia.
Le leggi sono scolpite su tavole di rame e impongono una rigorosa condotta di vita. Non ci sono carceri, ma solo un torrione dove vengono isolati i «membri infetti» della comunità. Non esistono beni privati, in quanto indurrebbero all’egoismo e alla violenza.
Platone aveva teorizzato che la città ideale (anche qui tutto era in comune) dovesse essere suddivisa in tre classi: i lavoratori, i guardiani, i filosofi. Gli unici ad avere diritto alla vera educazione dovevano essere i filosofi.Coloro che han capito il senso del vivere. Cosa ci sarebbe di più giusto che affidarsi a loro?
Eppure e nonostante i filosofi la città ideale non ha mai visto la luce, relegata ad una parola meravigliosa che rilancia il sogno e che ci fa sentire veramente umani e assettati di bene: l'utopia.
(c.perer)
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ANTEPRIME - CITTA' DI DIO E CITTA' DEGLI UOMINI
Ad Urbino si parlerà di Architetture Dantesche e Utopie Urbane
"Città di Dio. Città degli uomini. Architetture dantesche e utopie urbane" è una mostra che permetterà di aprofondire questo tema suggestivo. A cura di Luigi Gallo e Luca Molinari si terrà alla Galleria Nazionale delle Marche | Palazzo Ducale di Urbino dal 25 novembre 2021 – 27 marzo 2022 e con questo progetto la Galleria Nazionale delle Marche parteciperà alle celebrazioni per il 700° anno della morte di Dante.
Al sommo poeta, figura emblematica della cultura italiana, non solo letteraria, viene dedicata una mostra incentrata sull’influenza dell’immaginario dantesco sulla visione di artisti, architetti e illustratori. Naturalmente fu la “Commedia” ad aver dato, attraverso l’accurata descrizione dei luoghi attraversati da Dante e Virgilio forma fisica e illusoria ai sogni e paure più profonde, animando un’infinita sequenza di paesaggi immaginari che, a partire dagli affreschi trecenteschi ci porta fino alla modernità.
Forma tangibile a quegli spazi, venne data dagli architetti razionalisti Pietro Lingeri e Giuseppe Terragni, alla fine degli anni Trenta, nel progetto – mai realizzato del Danteum. È stato questo il primo tentativo in cui l’architettura, veniva chiamata a dare forma tangibile al capolavoro di Dante, attraverso uno spazio realmente percorribile. Quest’opera, illustrata attraverso i materiali originari, conservati all’Archivio Lingeri di Milano e mai esposti nella loro completezza, viene messa in dialogo con la Città ideale, capolavoro – anch’esso emblematico – del Rinascimento italiano ed opera chiave delle collezioni della Galleria Nazionale delle Marche. Tra esse, altre opere di architetti italiani contemporanei come Aimaro Isola, Andrea Branzi e Franco Purini, che hanno riletto la “sezione” della Divina Commedia attraverso una serie di disegni originali.
Nella mostra l’immaginario architettonico del poeta fiorentino viene messo in luce per la prima volta con chiarezza, la Città di Dio e la Città degli Uomini sembrano finalmente ricomporsi. Dal confronto visivo e concettuale tra l’immaginario dantesco e la sua interpretazione attuale, nasce la più ampia riflessione sul complesso e mutevole confronto tra racconto e immagine, attraverso le visioni potenti e originali proposte, che riflettono sulla fragile natura del mondo contemporaneo riletto attraverso gli occhi di Dante.
info: www.gallerianazionalemarche.it
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