Attualità, Persone & Idee

Il potere e la parola: George Orwell

Una raccolta di 15 scritti ''profetici''

Durante la stagione del ''Covid'' Orwell è stato probabilmente l'autore più citato. Gli stringenti controlli, il confinamento sociale, portarono a individuare in ''1984" capolavoro dello scrittore inglese, una visione profetica al riguardo. Ma poi è anche venuta la disinformazione e la ''infodemia'', una valanga di parole che rese un'altra frase di George Orwell illuminante: «Occorre un grande sforzo per riuscire a vedere cosa c'è sotto il proprio naso»

"Il potere e la parola" edito da Piano B, raccoglie quindici scritti di George Orwell - di cui cinque inediti in lingua italiana - che ruotano attorno ai temi della propaganda, della censura e dell'uso distorto del linguaggio politico, giornalistico e letterario.

Composti prevalentemente tra gli anni Trenta e Quaranta, i saggi presenti in questa antologia sono ancora in grado di illustrare con sconcertante accuratezza, oltre settant’anni più tardi, la nostra stessa attualità: le “narrazioni” che divengono surrogati dei resoconti fattuali, la scomparsa della realtà oggettiva e la sua sostituzione con l’interpretazione di comodo, il potere esercitato dalle notizie false nelle società moderne, i concetti di post-verità e la distorsione del linguaggio stesso ad uso di determinate ideologie.

Cinque sono i saggi presenti e mai pubblicati prima in Italia: Che cos'è il fascismo?; Parole nuove; Sotto il naso; Svelare il segreto spagnolo; Libertà del parco. Tutti furono composti in un periodo cruciale per lo scrittore e giornalista, in cui produsse alcune delle sue opere più celebri come 1984 e La fattoria degli animali.

Come sempre la scrittura di Orwell si rivela profetica e acutissima: in Orson Welles e l’invasione da Marte lo scrittore prevede con impressionante chiarezza l'ascesa e le cause di quelle che oggi chiamiamo “fake news”; in '''La libertà di stampa'' denuncia i subdoli meccanismi censori generati da una certa intellighenzia, e il tentativo perverso di ergersi a difensori della democrazia ricorrendo a metodi intrinsecamente totalitari;  scrive di come la propaganda riesca a far “scomparire” i fatti oggettivi a favore di “narrazioni” di parte; racconta della tendenza umana ad "aggiustare" la realtà per creare "narrazioni" più consone all’ideologia del momento; in ''Che cos'è il fascismo?'' parla della confusione generata dal linguaggio giornalistico su concetti chiave e fondamentali per il progresso della società democratica.

Apre il libro un saggio introduttivo di Diana Thermes, docente di storia del pensiero politico europeo presso il Dipartimento di Scienze politiche dell'Università Roma TRE.

George Orwell, fu oltre che scrittore, giornalista e opinionista politico e culturale,  prolifico saggista ed attivista politico-sociale. Polemista lucido e anticonformista, si chiamava in realtà Eric Arthur Blair (Motihari, 25 giugno 1903 – Londra, 21 gennaio 1950), ed è considerato uno dei maggiori autori di prosa in lingua inglese del XX secolo.

La sua grande fama è dovuta in particolar modo

a due romanzi, scritti verso la fine della sua vita negli anni Quaranta: l'allegoria politica di ''La fattoria degli animali'' e  ''1984'', che descrive una società totalitaria così tragicamente congenata che «orwelliano» è oggi un attributo per indicare i  meccanismi totalitari di controllo del pensiero.

Era un socialista, ma la presa di coscienza, in virtù anche delle tragiche esperienze personali, delle contraddizioni e dei fatali errori della linea politica implementata in Unione Sovietica sotto la dirigenza di Iosif Stalin, lo portò ad abbracciare un virulento antisovietismo, scontrandosi così con una consistente parte della sinistra europea dell'epoca.

A proposito di ''1984'' disse: «Ogni riga di ogni lavoro serio che ho scritto dal 1936 a questa parte è stata scritta, direttamente o indirettamente, contro il totalitarismo e a favore del socialismo democratico, per come lo vedo io». Ma Orwell non risparmiò critiche all'intellighenzia socialista inglese, dalla quale si smarcò polemicamente.

«Occorre un grande sforzo per riuscire a vedere cosa c'è sotto il proprio naso. Se libertà significa qualcosa, significa il diritto di dire alla gente ciò che non vuole sentirsi dire».

 

www.giornalesentire.it - riproduzione riservata*

Commenti (0)