
Betlemme: resistere al Caritas Baby Hospital
Il drammatico messaggio che arriva da Betlemme
Dolore, senso di impotenza anche al Caritas Baby Hospital di Betlemme da sempre baluardo di solidarietà nato 70 anni fa per salvare la vita dei bambini palestinesi, anche allora violata dal fuoco delle armi e dall’odio degli uomini. Oggi lo sterminio di Gaza strazia i cuori e si accompagna a continue aggressioni anche in Cisgiordania, dove gli scontri con i coloni sono frequenti.
''Tutti noi siamo sconvolti dalla morte crudele e senza senso di migliaia di bambini innocenti, nei nostri cuori, ora e per sempre, ci sono le croci di queste bambine e di questi bambini. Nei nostri cuori c’è posto per le croci di tutte le bambine e i bambini israeliani che hanno fatto ritorno alla casa del Padre. C’è posto per le croci di tutte le bambine e i bambini palestinesi che senza sosta, ritornano angeli in cielo'' scriveva lo staff dell'ospedale all'indomani degli scontri del 7 ottobre.
Ma quale è la situazione attuale? Non è più possibile per la popolazione palestinese entrare nello Stato ebraico dal Territorio occupato. Bloccati sono anche tanti collegamenti fra le città e i villaggi palestinesi. Ciò fa sì che i molti pazienti che vivono fuori Betlemme non abbiano più accesso alla struttura. La Direzione ospedaliera si è immediatamente attivata con una linea telefonica dedicata 24 ore su 24 gratuita per consultare direttamente i medici sulla salute dei propri figli o per avere supporto psicologico.
Suor Lucia Corradin, delle sorelle francescane elisabettine, è stata per 18 anni al servizio dei piccoli ammalati accolti al Caritas Baby Hospital di Betlemme. Nei primi anni della sua esperienza, suor Lucia si è occupata del reparto prematuri, dove ha potuto vivere da vicino la delicatezza di “partorire alla vita” in un contesto segnato dalla guerra.
Suor Lucia, come descrive quanto vissuto?
“Riflettendo su quella esperienza, posso dire che ‘partorire alla vita’ non è solo il momento fisico della nascita, ma un processo continuo di accompagnamento, che coinvolge sia il bambino sia la madre nel loro difficile cammino verso la vita. Significa stare accanto alla madre nei suoi timori, nelle sue ansie e nelle sue speranze, spesso sospese. È condividere con lei l’incertezza, ma anche la forza che nasce dall’amore. Prendersi cura di un neonato prematuro vuol dire farsi carico della sua fragilità, con gesti piccoli, ma carichi di significato. In ogni gesto, nel tocco, nello sguardo, nell’attenzione ai dettagli, si comunica benevolenza, accoglienza e fiducia. È una cura che va oltre la medicina: è presenza, ascolto, vicinanza profonda”.
Come la guerra mette a repentaglio la vita di questi neonati?
“Il conflitto, che da anni segna profondamente la vita delle persone del luogo, ha effetti devastanti anche sui più piccoli. Nei miei primi due anni sul campo ho vissuto in prima persona l’impatto dei coprifuoco e il dramma dei bambini che, troppo spesso, non riuscivano ad arrivare vivi alla nostra struttura. Le ambulanze, considerate sospette dalle forze israeliane, venivano fermate ai checkpoint e sottoposte a controlli accurati, anche sotto le ruote. Fermare un mezzo con a bordo un bambino cianotico, in quelle condizioni, significa mettere seriamente a rischio la sua vita”.
Lei ha incontrato e consolato tanti genitori. Come ci si pone verso di loro?
“La grande sfida è vivere davvero l’empatia con queste persone, perché si tratta di madri e padri che hanno bisogno di non sentirsi abbandonati, ma compresi e sostenuti. Il nostro compito non era solo prenderci cura del bambino, ma accompagnare tutta la famiglia, perché il dramma li colpisce tutti. Anch’io ho vissuto il coprifuoco, i missili, le case distrutte. Ho visto il dolore di tanti genitori, angosciati per il futuro dei propri figli, e tutto questo diventa ancora più difficile quando quei bambini sono anche malati. In quei momenti, la paura e la speranza si intrecciano in un silenzio che pesa più delle bombe”.
Secondo lei, quanto questa guerra può avere dei risvolti negativi anche a livello psicologico sui minori?
“Tantissimi. Anche solo il coprifuoco ha un impatto psicologico enorme, genera tensioni continue e profonde. Lo vedevamo concretamente ogni giorno: quando chiedevamo ai bambini più grandi di disegnare un evento della loro vita, usavano quasi sempre il colore nero. Disegnavano carri armati, missili, camionette, strade distrutte. Quelle immagini raccontavano molto più delle parole: parlavano di paura, trauma, di un’infanzia segnata dalla guerra. È devastante vedere come, per loro, la normalità sia fatta di violenza e distruzione”.
Cosa si deve fare per creare in questi bambini un cambiamento che li porti a una nuova speranza di vita?
“Non si può pensare di lasciarli soli. Serve un accompagnamento costante, capace di far emergere ciò che vivono senza giudicare. Allo stesso tempo, è fondamentale offrire loro un’esperienza diversa, che possa attenuare la violenza, la rabbia e il senso d’ingiustizia che respirano ogni giorno. Serve costruire una sponda di bene, fatta di gratuità, ascolto e presenza, che può, in qualche modo, alleviare le ferite interiori e riaccendere in loro una speranza possibile”.
Come ha affrontato Betlemme nelle sue continue difficoltà?
La culla dei prematuri è una metafora della vita a Betlemme, in tutto. E per questo l’ho vissuto con lo spirito di chi si trova davanti a Gesù. Perché in quei piccoli, fragili e indifesi, era Lui a dirmi: ‘Sono qui, e ora ho bisogno di te’. Con questo spirito ho affrontato ogni mio giorno a Betlemme, cercando di custodire ogni bambino come se fosse davvero il Bambino della culla”.
Ricordiamo che l'ospedale è finanziato quasi esclusivamente dalle donazioni che giungono da Svizzera, Germania, Italia, Austria e Gran Bretagna.
Emilio Benato presidente dell'associazione Aiuto Bambini Betlemme che dall'Italia coordina gli aiuti verso l'Ospedale e spiega che i servizi sociali dell’ospedale stanno contattando tutte le famiglie dei piccoli pazienti cronici per garantire i farmaci di cui hanno bisogno. Un rifermento diretto è a Verona (Aiuto Bambini Betlemme ODV ETS, Lungadige Matteotti, 8 - Verona tel. 045-2379314)
''La consegna dei farmaci a domicilio, nelle zone fuori Betlemme è possibile grazie alla rete di contatti e collegamenti che il Caritas Baby Hospital ha costruito nel tempo; il personale dell’ospedale esegue nella città di Betlemme, e nelle strettissime vicinanze, visite a domicilio con auto-ambulanze e ambulanze, per raggiungere i bambini che hanno bisogno di un supporto medico specialistico; si è provveduto a potenziare le riserve di medicinali, di presidi medici e di gasolio, in modo che tutti i reparti siano sempre pronti ad accogliere i bambini, sia per visite ambulatoriali semplici, che per casi critici e di terapia intensiva''.
E le donazioni? ''Vogliamo rassicurare tutti i donatori che la beneficenza arriva al Caritas Baby Hospital senza intoppi. Nonostante tutto, i trasferimenti bancari internazionali funzionano normalmente, così come l’accredito degli stipendi al personale tutto. Un modo per 'esserci' con costanza è a portata di mano: in occasione della dichiarazione dei redditi, basta decidere di destinare il 5x1000 a favore dell'unico ospedale pediatrico in Palestina. Un gesto importantissimo: basti pensare che una sola sottoscrizione del 5x1000 vale in media 31€ cioè il valore di 3 visite di ambulatorio donate ai bambini ammalati e indigenti.
Nella dichiarazione dei redditi si puà indicare il Caritas baby hospital di Betlemme
>> 5x1000 | Codice Fiscale: 93177120230
''Con la firma si può sostenere i bambini del Caritas Baby Hospital e le loro famiglie, in una terra fragile e martoriata come la Palestina''
L' Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) nel 2015 ha riconosciuto e certificato questo presidio come “Patient Safety Friendly Hospital Initiative". Le famiglie in Terra Santa dentro queste mura hanno una certezza: qualcuno si prenderà cura di loro senza chiedere nulla e senza discriminare. Sono 70 anni che lavora anche se i festeggiamenti per il 70° Anniversario dell’Ospedale (ottobre 2023) furono ovviamente rinviati. Betlemme da allora vive blindata, chiusa e deserta (leggi qui). Anche lì la tensione è salita e ci sono stati scontri e morti, per lo più azioni punitive del governo israeliano.
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UNA PICCOLA MERAVIGLIOSA POTENZA
Caritas Baby Hospital di Betlemme, baluardo di solidarietà
di Corona Perer - L'ho visitato ormai 25 anni fa ed era già una piccola meravigliosa potenza: per i numeri e per il ruolo che svolgeva già allora. Questo infatti è l’unico ospedale pediatrico della Cisgiordania. Il Caritas Baby Hospital fornisce assistenza a neonati e bambini fino a 16 anni, indipendentemente da origine sociale o religione. Chi può contribuisce, chi non può riceve cure gratuite.
A gestire il Caritas Baby Hospital e sostenere i progetti per madri e figli in Terra Santa è la Kinderhilfe Bethlehem, un’organizzazione di ispirazione cristiana. Esamina e delibera su tutte le questioni in modo collegiale in stretto contatto con Caritas Svizzera e la Caritas Germania e apre i servizi ai bambini dal Sud della Cisgiordania, dai dintorni di Betlemme a Hebron .
L'ospedale si distingue per l'approccio terapeutico: apertura totale a ogni ceto, coinvolgimento e formazione delle madri nelle cure. "Possono dormire nell’appartamento a loro destinato in Ospedale, restando sempre vicine ai figlioletti malati, il che si ripercuote positivamente sul benessere e sul processo di guarigione dei piccoli. Durante il soggiorno vengono istruite su malattie ereditarie, alimentazione, igiene, oltre a ricevere un sostegno psicologico. Tutto questo serve a rafforzarle e sostenerle" aggiungono gli operatori.
La storia di quest'ospedale nasce nel 1952 quando padre Ernst Schnydrig, del Canton Vallese in Svizzera, arriva a Betlemme su incarico della Caritas Svizzera e constata subito la miseria della popolazione palestinese seguita alla guerra di indipendenza (secondo gli israeliani) o Nakba ("catastrofe" per la storiografia palestinese). Centinaia di migliaia di palestinesi divenuti profughi e sfollati furono costretti a vivere in tendopoli in condizioni di grande miseria.
A Betlemme, lavorava già da tre anni Hedwig Vetter, cooperante svizzera che aveva aperto un piccolo ambulatorio per neonati. Per entrambi la cosa fu subito chiara: come cristiani si sarebbero messi al servizio delle persone della città in cui era nato Gesù. L'incontro con il medico palestinese Antoine Dabdoub pose le basi del Caritas Baby Hospital che nel 1953 veniva inaugurato come presidio di emergenza pediatrica.
Da allora molte cose sono cambiate (non l'emergenza palestinese purtroppo) e il Caritas Baby Hospital (CBH) dispone oggi di un poliambulatorio e di 82 letti per le degenze; ha unità di Terapia intensiva e un attrezzato poliambulatorio. L'ospedale dà lavoro a 230 persone.
Dopo l'Università di Betlemme, l'ospedale è uno dei più importanti datori di lavoro della città. Il management e la direzione è quasi completamente in mano palestinese (direttore generale, primario, direttore amministrativo e della manutenzione sono locali). Tra il personale dirigente, quasi la metà è composto da donne.
L'ospedale si trova nel cuore del conflitto: sorge a circa 500 metri dal muro che Israele ha costruito per dividere Betlemme da Gerusalemme. I palestinesi possono attraversare il check-point che separa le due realtà soltanto con un permesso dell'esercito israeliano e questo limita enormemente la mobilità della popolazione della Cisgiordania. A causa dei posti di blocco o dei checkpoint, i piccoli pazienti e il personale sono talvolta costretti a fare giri più lunghi per arrivare in Ospedale.
L'ospedale è ovviamente neutro: nessuno degli operatori prende posizione sulla situazione politica in Israele e nei Territori palestinesi occupati. L'imperativo etico è offrire i migliori servizi pediatrici possibili ai bambini di Betlemme e della Regione, indipendentemente da religione o status sociale collaborando a livello medico con strutture ospedaliere palestinesi a Gerusalemme Est, con ospedali israeliani e con l’Università di Betlemme ai cui studenti offre la possibilità di fare stage.
Le immagini che vedete in questa pagina sono state autorizzate dalle famiglie dei pazienti: vogliono che si veda il loro sorriso nonostante la difficoltà di vivere, ammalarsi e cercare di guarire in una zona del mondo così difficile. Per loro questo ospedale è l'unica chance, non una struttura improvvisata ma una vera eccellenza.
Un ruolo fondamentale nella gestione del Caritas Baby Hospital lo hanno svolto per molti anni le suore Elisabettine di Padova. A fine 2020 hanno dovuto rientrare in Italia su decisone della loro Congregazione. La notizia aveva colto di sorpresa e impreparati tutti, specie i palestinesi che da questo ospedale hanno ricevuto, nonostante la perenne emergenza civile, un grande aiuto e cure di qualità. Il distacco da Suor Lucia, Suor Gemmalisa e Suor Erika è stato duro dopo tanti anni di servizio.
A sostituirle grazie alla mediazione di Mons. Pierbattista Pizzaballa (all'epoca non ancora cardinale ma Patriarca Latino) sono state Le Suore di Carità delle Sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa, dette "Suore di Maria Bambina" già operative con due comunità, una a Nazareth e una a Gerusalemme
Le suore, da sempre, sono una presenza preziosa all’interno dell’ospedale, sono il sostegno professionale e spirituale di tutto il personale, dei bambini accolti e delle loro famiglie. Per questo, la casa madre Aiuto Bambini Betlemme in Svizzera si è attivata da subito per assicurare una nuova “famiglia” all’Ospedale.
Nel 2020 sono stati 4674 i bambini ammalati che hanno potuto usufruire delle visite ambulatoriali e sono stati più di 300 i bambini che hanno avuto bisogno di un ricovero nella terapia intensiva. Questo reparto è l'unica speranza di salvezza per i bambini tra 0 e 14 anni affetti da malattie gravi o addirittura incurabili. Come tutti i servizi del Caritas Baby Hospital, il reparto di terapia intensiva è finanziato quasi esclusivamente da donazioni ed è totalmente gratuito per tutte le famiglie bisognose.
E' necessario che il flusso di aiuti internazionali non si interrompa. Ecco come:
Per saperne di più www.aiutobambinibetlemme.it
Aiuto Bambini Betlemme ODV ETS
Lungadige Matteotti, 8
Verona 37126 VR
Italia
tel. 0452379314
Autore: Corona Perer
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