Diritti Costituzionali: l'appello degli avvocati
141 avvocati si appellano all'Unione delle Camere Penali Italiane
22 gennaio 2022 - Un bel numero: 141 avvocati da tutta Italia contestano le misure adottate dal Governo con il Decreto legislativo 1/2022 che limita l'accesso dei legali ai tribunali sulla base del green pass con ulteriore discriminazione per gli ultracinquantenni. E chiedono subito all'UCPI un incontro.
"Inaccettabile discriminazione... è il diritto, non la scienza (per sua definizione in continua evoluzione e quindi fallace) la base della civiltà...vigono tre diversi regimi a seconda dell'età e della qualifica di chi entra, come se il pericolo sanitario non fosse uguale per tutti...il diritto alla difesa è inviolabile.. normative adottate senza aver prima interpellato alcuno “scienziato”, fuoriuscite da oscure “cabine di regia...”
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291 legali in Trentino lanciano un alert
30/4/2020 - Pubblichiamo i passaggi determinanti dell'appello di 291 avvocati del Trentino. Tra le considerazioni che i legali sollevano sul Decreto Legge 18/2020, le modalità di celebrazione da remoto e con modalità telematiche, delle udienze nei procedimenti civili, penali e tributari, e con la soppressione dell'udienza nel processo amministrativo. Ma anche le libertà che vengono meno in una procedura di leggi emergenziali. Fino a che punto sono legittimate e legittime?
''La facoltà di svolgere procedimenti giudiziali tramite videoconferenze è stata introdotta, con provvedimento governativo, per far fronte in ambito giudiziario all'emergenza sanitaria, ipotizzando una graduale ripresa delle attività giurisdizionali, all'esito di un periodo di sospensione, già oggetto di proroga sino al 11 maggio prossimo" commentano segnalando che in quella fase nessuno, o quasi, ha sollevato censure o contestazioni se tali misure fossero la necessaria risposta all'esigenza di protezione dell'intera cittadinanza dal rischio di contagio.
"In quella fase, salvo modeste eccezioni, non si è assistito a un dibattito sulla legittimità di tali misure e degli strumenti normativi con le quali le stesse sono state adottate. Tale dibattito non può essere ulteriormente differito, e gli avvocati firmatari del presente documento intendono stimolare un confronto, sollevare un tema di discussione, sul presupposto che il diritto di difesa in primis e ogni altra libertà fondamentale non possa più essere compressa se non entro i precisi limiti dettati dalla nostra Carta Costituzionale, sul presupposto che chi debba accedere alla Giustizia, che chi sia in attesa di essere giudicato dall'autorità giudiziaria abbia diritto a un processo giusto, in cui sia garantita l'effettività della difesa, in cui sia permesso all'avvocato di contraddire, in aula, a piena tutela del proprio assistito" si legge nell'appello.
L'appello così prosegue: "Il diritto di difesa non può essere sacrificato, non può considerarsi pienamente esercitato dallo schermo di un pc o di un tablet, eliminando la fisicità di legali, magistrati e parti, permettendo al gestore dell'udienza di zittire chi voglia, premendo un tasto. Queste compressioni hanno un senso nella misura in cui vi sia un dibattito concreto e un consenso diffuso, nella misura in cui siano adottate con saggezza e necessario timore, assicurando la reversibilità delle limitazioni disposte.
Il virus ha messo l'Italia e gli italiani a dura prova, in termini non solo di vite spezzate ma anche di libertà compresse e negate. Libertà codificate dopo la fine della vergogna nazi-fascista che, privando gli italiani di quelle libertà permise loro di comprenderne la grandezza e indusse i padri costituenti a tutelarle inserendole nella nostra Carta Costituzionale. Di fronte all'emergenza sanitaria il nostro Paese ha operato una scelta in linea con i principi etici che ci animano e con il nostro modo di intendere l'interesse nazionale, fondato sostanzialmente sul principio di solidarietà sociale. Ha scelto, dunque, nella consapevolezza dell'inadeguatezza di un sistema sanitario incapace di garantire le cure necessarie qualora i contagiati dal virus avessero raggiunto i numeri ipotizzati, di adottare misure restrittive, pur comprendendo come le stesse sarebbero state da un lato enormemente dannose per un'economia fragile e già minata, dall'altro gravemente lesive di diritti costituzionalmente garantiti quali le libertà di circolazione, di riunione, di culto, i diritti all'istruzione e al lavoro, la libertà personale e quella d'impresa.
''Ciascun cittadino ha dato il proprio contributo, grande o piccolo, per superare la crisi. Nessuno ha indossato le vesti del censore, nessuno ha contestato la legittimità delle norme limitative di tali diritti fondamentali, e ciò perché si è condiviso il fine ultimo di tali norme, ancorché non la forma - con il ricorso all'odiosa e inutile burocrazia, mediante autocertificazione tramite moduli sempre più complessi, e facendo leva sulla minaccia di sanzioni draconiane per ogni modesta violazione anziché sulla raccolta del consenso diffuso - né il mezzo utilizzato per comprimere le nostre libertà: ogni operatore del diritto è consapevole che la limitazione di diritti fondamentali non possa avvenire con fonte diversa da quella legislativa e come non possa certo bastare un decreto legge a legittimare il profluvio di provvedimenti del Presidente del Consiglio dei Ministri, di singoli Ministri, di Presidenti di Regioni o Province, e di Sindaci che incidano, sino a negarli, su diritti fondamentali dei cittadini.In una situazione di emergenza, il Parlamento avrebbe dovuto costituire il punto di riferimento del Paese, per raccogliere la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, ed è invece rimasto sostanzialmente assente, incapace sinanco di svolgere le sue funzioni di controllo sul Governo.
Oggi i dati su contagi, decessi e guarigioni inducono a un cauto ottimismo. Non conviene tuttavia farsi illusioni, la strada per il ritorno alla normalità sarà lunga e ricca di ostacoli, e altri diritti saranno sacrificati sull'altare della lotta alla pandemia.Si discute da giorni della Fase 2, della ripresa delle attività, del graduale allentarsi delle maglie del lockdown e, tuttavia, già si parla di altre iniziative tese a escludere o limitare diritti costituzionali, primo fra tutti il diritto di difesa, essenza stessa di uno Stato democratico, di uno Stato costituzionale di diritto.
L'Avvocatura da tempo chiede di poter tornare a calcare le aule, nella piena consapevolezza che, quantomeno in determinati casi - primo fra tutti il processo penale, ma anche i procedimenti in cui si trattano questioni di famiglia, o attinenti diritti dei minori - la presenza dell'avvocato e del magistrato in aula è necessaria, per un giusto processo, per una effettiva difesa, per la piena tutela dei diritti dell'assistito.
L'appello di 291 avvocati del Trentino ricorda i principi costituzionali baluardi del giusto processo, che sono irrinunciabili, come pure il diritto alla riservatezza dei cittadini, il quale, almeno stando alle perplessità sollevate dal Garante della Privacy, non sarebbe sufficientemente garantito dalle piattaforme telematiche che si vorrebbero utilizzare nel processo a distanza.
Gli avvocati firmatari del documento chiedono a gran voce di poter tornare, pur con la necessaria gradualità, pur adottando ogni cautela in termini di presidi di protezione e di distanziamento sociale, con la necessaria partecipazione degli uffici che dovranno farsi carico di una effettiva e concreta organizzazione, a svolgere la loro funzione senza limitazioni che incidano, necessariamente, sui diritti dell'assistito a un giusto processo.
Solo così si potrà garantire l'effettività della difesa, diritto insopprimibile, al pari di quello alla salute, nonché la reale dialettica tra le parti che caratterizza il processo. Il timore, forte, è che queste disposizioni emergenziali si tramutino nella prassi, che una volta rotti gli argini delle garanzie non si riesca più a tornare indietro, che i detrattori del giusto processo cavalchino questo momento di incertezza e di paura diffusa per legittimare, magari invocando illusorie e improbabili chimere di digitalizzazione ed efficienza, una giustizia autoritaria ove garanzie ed effettività della difesa siano ridotte a un mero simulacro.
Perciò chiedono alle istituzioni di "... restituire al diritto di difesa la dignità che gli è stata in queste settimane negata, e che non può essere oltremodo compressa. Allo stesso tempo rivolgono un fermo invito al Parlamento affinché si riappropri delle funzioni sue proprie, affinché se rinnovate compressioni di diritti fondamentali debbano esservi, siano disposte con provvedimenti normativi conformi al dettato costituzionale e per il tempo strettamente necessario, in modo che la legislazione d'emergenza non aspiri a diventare definitiva".
Occorre quindi vigilare e vagliare con prudenza e rigore sulla tecnologia per finalità di controllo dei cittadini, al fine di evitare che tali strumenti, finita l'emergenza, possono essere utilizzati indiscriminatamente, indebolendo per sempre le nostre libertà.
L'appello è perchè il Parlamento torni ad essere il primo difensore delle nostre libertà a fondamento della nostra società democratica.
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