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Pandemia: l'OMS fa la conta dei morti

Ma ad infettarsi sono soprattutto i vaccinati: e a dirlo sono i dati ISS !

Sono 14,8 milioni le morti in eccesso causate in tutto il mondo dalla pandemia di Covid-19, tra 2020 e 2021: la stima comprende anche tutte quelle collaterali dovute ad esempio all’interruzione dei servizi sanitari e si tratta, infatti, di quasi il triplo dei decessi riportati nello stesso periodo per essere stati causati direttamente dal virus Sars-CoV-2.

Il numero è stato calcolato in uno studio guidato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e pubblicato sulla rivista Nature ed è tra le stime più prudenti fatte da ricerche simili: ciò significa che i decessi, molto difficili da calcolare a causa delle grandi differenze presenti tra i vari Paesi e dell’incompletezza dei dati, potrebbero essere molti di più.

A tutto questo la comunità scientifica ha risposto con i vaccini. Gli argomenti di un’efficacia (parziale) dei vaccini nel prevenire l’infezione da SARS-CoV-2, a tutela della comunità, fanno  riferimento ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità/ISS.L’aspetto paradossale è che tale argomento  è contraddetto proprio dai “dati dell’ISS” sulla protezione dall’infezione, che invece continuano oggi a mostrare tutt’altro.

La Commissione Medico-Scientifica indipendente (CMSi) afferma che i dati ISS del 6-12-‘22 dimostrano più infezioni nei vaccinati. Gli adulti (40-59 anni) con booster si infettano il 60% più dei non vaccinati, bambini e giovani adulti vanno ancor peggio che nel precedente Bollettino ISS

La realtà documentata dai dati ISS è che oggi, in media, rispetto ai non vaccinati di pari fascia d’età:
i bambini di 5-11 anni con due dosi di vaccino si infettano il 33% in più;
i giovani 12-39 anni con booster si infettano il 28% in più;
gli adulti 40-59 anni con booster si infettano il 60% in più;
gli anziani 60-79 anni con un booster si infettano come o più dei non vaccinati, e se fermi a 2 dosi (dunque probabilmente a maggior distanza dall’ultimo inoculo) si infettano il 13% in più.

Solo nella fascia d’età di 80 e più anni, i dati ISS mostrano nei vaccinati con un booster meno infezioni dei non vaccinati.

I dati italiani sono coerenti con un gran numero di studi internazionali presentati in occasione del Congresso POLI-COVID-22  da poco svoltosi a Torino.

Il Prof. John Ioannidis epidemiologo dell'Università di Stanford,  ha mostrato come i vaccini in pratica non abbiano avuto effetto nel contenimento dell'ondata epidemica e ha richiamato la necessità, nella corrente fase endemica, di attuare rigorosi studi randomizzati prima di procedere a ulteriori booster sulla generalità della popolazione.
La protezione vaccinale dall’infezione, buona all’inizio con le precedenti varianti ma solo mediocre con Omicron, declina poi rapidamente, si azzera in pochi mesi, e quindi si inverte, cioè i vaccinati diventano in media più soggetti a infettarsi dei non vaccinati. I booster ripristinano in modo transitorio la protezione iniziale, ma anche dopo tali richiami si torna a perdere velocemente la protezione dall’infezione, con un percorso che sembra accelerato al ripetersi dei successivi inoculi.

Il gruppo di epidemiologi del Qatar, già autore di una serie di pubblicazioni di eccellenza sul New England Journal of Medicine, ha presentato in preprint (Chemaitelly, 2022) uno studio nazionale sull’efficacia della 3a dose a un anno, fino al 12 ottobre 2022. Gli effetti sull’infezione sono impressionanti: a un mese dal booster la protezione è un poco inferiore al 60% con il vaccino Pfizer e al 50% con Moderna, ma a 6 mesi dal booster è ormai vicina a zero, e dai 7 mesi diventa negativa. A 10-11 mesi dal booster è scesa a un significativo meno 24-26% con Pfizer e meno 67-70% con Moderna, sotto al livello di chi ha fatto il ciclo primario di 2 dosi, mostrando un importante aumento della suscettibilità all’infezione, che riguarda anche i soggetti con protezione ibrida, cioè vaccinati e con infezioni naturali (NB: la protezione dalla rara COVID-19 grave resta buona, ma si consideri quanto esposto nei successivi punti 1-4).

La drammatica perdita di protezione dall’infezione, che diventa chiaramente negativa dopo 5 mesi dal booster, appare anche in uno studio in California (Tseng HF, 2022, preprint) sul vaccino Moderna verso le varianti BA.2 e BA.5 di Omicron.

È verosimile che il rischio di infezione si traduca anche in un rischio di trasmissione, come mostra – tra l’altro – un grande studio israeliano (Woodbridge et al. Nat Commun 2022;13:6706), in cui, in caso di reinfezione, le cariche virali (considerate proporzionali al rischio di trasmissione) a 70 giorni di distanza dalla 3a dose erano in tendenza già aumentate rispetto alle cariche virali medie dei non vaccinati.
Al contrario nei guariti – in caso di reinfezione – le cariche virali si mantenevano in modo prolungato a un livello inferiore.

La Commissione Medico-Scientifica indipendente (CMSi) commenta: ''Benché ciò non costituisca ancora prova decisiva contro le strategie in atto, quanto sopra rafforza comunque la richiesta, emersa con vigore anche nel Congresso POLI-COVID-22, di aprire un urgente confronto scientifico anche con voci scientifiche critiche, come quelle presenti al Congresso, cui è stato di nuovo negato un confronto istituzionale. In ogni caso, si ritiene che le strategie di contrasto alla Covid-19, e alle infezioni in generale, non dovrebbero puntare solo sui vaccini (che stanno assorbendo in modo sproporzionato gli sforzi di ricerca, educazione e formazione, finanziari, organizzativi/di personale dei Sistemi sanitari), ma anche anzitutto su stili di vita salutari, nonché su prevenzione primaria ambientale e terapie di efficacia documentata, certo, ma anche altamente sicure e sostenibili''.

Sono membri della Commissione Medico-Scientifica indipendente (CMSi):
Prof. Marco Cosentino, Dott. Alberto Donzelli, Prof. Vanni Frajese, Dott.sa Patrizia Gentilini,
Prof. Eduardo Missoni, Dott. Sandro Sanvenero, Dott. Eugenio Serravalle

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